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  Cipro, un luogo di confine

Data di pubblicazione: Martedì, 6 Gennaio 2015

TRAGUARDI SOCIALI / n.68 Ottobre / Novembre 2015 :: Cipro, un luogo di confine

Parla Diomides Diomidous, Segretario Generale Deok

Crisi economica, immigrazione, difficili rapporti di convivenza con la Turchia: sono le questioni di maggior rilievo che riguardano Cipro. Temi delicati, che abbiamo affrontato con Diomides Diomidous, segretario generale della Federazione Democratica del Lavoro di Cipro (DEOK), a margine del Seminario Feder.Agri di Marsala su immigrazione e agricoltura.

La morsa della crisi economica, che stringe l’Occidente da più di sette anni, non sembra voler mollare la presa. Cipro ne ha pagato le spese, anche con il famigerato prelievo forzoso sui conti bancari voluto dalla troika. Qual è oggi la situazione economica e occupazionale e quali le questioni sociali più urgenti?

La situazione non è buona: l’occupazione è scesa dal 73% del 2009 al 67% del 2014, la disoccupazione è cresciuta nello stesso periodo dal 5% al 17% e quella giovanile è pari al 42%. La situazione è molto preoccupante e la prospettiva per il futuro è molto incerta per diverse ragioni: sia il settore pubblico che quello privato non investono a causa della fragilità delle banche, della scarsa liquidità e dei tassi d’interesse molto elevati.
Le politiche sociali non riescono a far fronte alla situazione, tagliando ogni aiuto verso le famiglie.
Il reddito minimo garantito è stato introdotto per legge da poco tempo ed ammonta a 480 euro al mese. Molte famiglie riescono a sopravvivere grazie alle cooperative alimentari che aiutano la popolazione tenendo bassi i prezzi per consentire di vivere una vita dignitosa. I lavoratori si sono visti ridurre il proprio salario e sono stati completamente ignorati gli accordi collettivi.

Cipro, pur nel silenzio dell’opinione pubblica europea, ancora vive un clima di occupazione, nella parte nord dell’isola, complici anche gli interessi sullo sfruttamento degli idrocarburi.
Recentissima è la diffida di Atene contro Ankara, con possibili conseguenze anche sull’adesione della Turchia all’Ue (cui peraltro Cipro si oppone). Cosa ne pensa?


La Turchia sta pensando nuovamente ad espandersi in modo strategico nel Mediterraneo orientale.
La reazione delle Nazioni Unite – e, dunque, dei suoi membri, inclusa Atene –, non è stata sufficientemente dura. Le potenze occidentali come USA, Gran Bretagna, Francia, Germania e Italia hanno un atteggiamento ambiguo: non dicono chiaramente alla Turchia che le strategie di guerra, nella zona di esclusivo interesse economico di Cipro, non sono accettate e devono terminare immediatamente.
Ad essere franco, la comunità internazionale si è mostrata poco incisiva nei confronti della Turchia, finendo col non far rispettare le norme del diritto internazionale e facendo passare sotto traccia le manovre operative dello Stato turco nei confronti di un Paese come Cipro, peraltro membro dell’Unione Europea.

A distanza di 50 anni dalla guerra-lampo del 1974, che ha portato alla divisione dell’isola in due, tagliata dalla frontiera internazionale sorvegliata dai Caschi Blu dell’Onu, ancora si cercano i resti dei circa 1500 desaparecidos della guerra, probabilmente finiti nelle fosse comuni. Qual è la realtà?

La dura realtà è che ogni giorno vengono trovate nuove fosse di greco-ciprioti, conseguenza dell’invasione dell’esercito turco del 1974. Ci sono ancora migliaia di persone che non hanno fatto ritorno nelle proprie abitazioni, o almeno nei luoghi nativi.
La Turchia occupa illegalmente il 37% del territorio: ecco perché noi chiediamo la riunificazione dell’isola e dei suoi abitanti.
La parte turco-cipriota, a nome della Turchia, insiste nella soluzione dei due Stati: un’ipotesi assolutamente inaccettabile per noi. Noi siamo per Cipro ‘Stato unitario’, federale, con un’identità, una cittadinanza, una sovranità proprie e con la gestione del potere politico affidata a entrambe le comunità.
Purtroppo non si parla della questione delle persone scomparse come invece avviene per altri casi nel mondo, perché a Cipro non c’è la guerra e, pertanto, i media internazionali non si occupano della situazione cipriota.
E’ l’ultimo muro che esiste in Europa, ma nessuno vuole aprire ‘il caso’ nei confronti della Turchia, sebbene si tratti di un Paese che vuole entrare nell’Unione Europea.

L’immigrazione è una delle tragedie del nostro tempo. Come gestite i flussi e quali problematiche ci sono? E ancora: l’Unione Europea potrebbe fare di più per evitare le tragedie del mare? O la salvezza degli immigrati deve continuare ad essere lasciata in mano a iniziative dei singoli Stati, come Mare Nostrum in Italia, che pure sta suscitando tante polemiche e ripensamenti?

Certamente Cipro è un luogo di confine. Il programma ‘Mare Nostrum’ è molto importante ma non risolutivo, anche perché i Paesi in prima linea come Cipro, la Grecia, la Spagna, l’Italia o Malta sono soli nell’affrontare quest’emergenza. Occorre che l’Unione Europea monitori i flussi dall’Africa e dai Paesi del Mediterraneo orientale; attualmente Cipro non è molto attraente come luogo di migrazione a causa dei problemi economici dell’isola, quindi i migranti preferiscono raggiungere altri Paesi europei.

Alla luce di quanto sta accadendo in Siria - e ancor più negli ultimi tempi con l’insorgere dell’Isis -, Cipro, la “portaerei inaffondabile”, come viene definita, con quali timori e quali speranze sta vivendo la nuova crisi?

La speranza è che finalmente la comunità internazionale - e specialmente i Paesi più influenti come Stati Uniti, Cina, Russia, Gran Bretagna e Francia - riesca a mettersi d’accordo perché la violenza di questi fondamentalismi non può esistere in un mondo civilizzato. Non deve essere solo una lotta contro il terrorismo estremista e fondamentalista dell’Isis, ma anche contro il terrorismo di Stato perpetrato da Stati come Israele, tanto per fare un esempio, nei confronti dei palestinesi di Gaza.
La nostra più grande paura, durante questa crisi, è che la Turchia con il suo intervento nel conflitto divenga ancora più arrogante nei confronti di Cipro e non vi è alcun ordine internazionale in grado di fermare questa eventualità: gli Stati Uniti intervengono solo per tutelare i propri interessi, e solo in quel caso si ricordano dell’esistenza del diritto internazionale.
Sono seriamente preoccupato per la situazione politica internazionale in generale e per Cipro in particolare: per tutte le piccole guerre che sono in corso e che potrebbero scatenare qualcosa di molto più grave, generando uno scenario catastrofico.
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