NOME UTENTE        PASSWORD  

Hai dimenticato la tua password?

Nell'ultimo numero di Traguardi Sociali:
Traguardi Sociali

Stai sfogliando il n.75 Dicembre 2015

Leggi la rivista in formato pdf Cerca numeri arretrati in archivio
.PDF Numero 75 (2956 KB) Sfoglia l'archivio di Traguardi Sociali Sfoglia l'archivio di Traguardi Sociali

  La giustizia sociale al centro delle politiche europee

Data di pubblicazione: Domenica, 13 Dicembre 2015

TRAGUARDI SOCIALI / n.75 Dicembre 2015 :: La giustizia sociale al centro delle politiche europee

Intervista a Elmar Brok, Presidente della Commissione Affari Esteri del Parlamento Europeo

Elmar Brok, tedesco originario della Vestfalia, è membro del Parlamento europeo, dove riveste l’incarico di presidente della Commissione per gli affari esteri. Deputato fin dal 1980, eletto nelle fila della CDU, Brok ha ricoperto negli anni molti incarichi di leadership nella politica tedesca ed europea: di fatto ha dato un contributo determinante alla Costituzione dell’Unione Europea. Esponente di punta del PPE, Brok è anche Presidente dell’UELDC.
A lui abbiamo rivolto una serie di domande per i lettori di Traguardi Sociali.


Il recente congresso del PPE ha messo al centro del dibattito questioni essenziali come il lavoro, l’occupazione, il futuro dei giovani: in una parola ci si è posti la questione di come sia possibile guidare i processi in corso e disegnare le linee della futura Europa. Quali le sue valutazioni?
Oggi l’Europa si trova probabilmente di fronte alle più grandi sfide dalla sua costituzione, nel 1958, a causa di problematiche provenienti da più direzioni: alcune sono di natura globale, come ad esempio gli eventi conseguenti alle crisi in Medio Oriente e nel Mediterraneo meridionale. Altre si sono create dall’interno, per le conseguenze della crisi economica e finanziaria. Una crisi che in molti Stati membri sta scomparendo gradualmente grazie ad una crescita sostenibile su larga scala. Ma allo stesso tempo, e nonostante i molti problemi, ci sono una serie di importanti opportunità per l’Europa.
La prosperità e la libertà individuale della stragrande maggioranza degli europei non sono mai state così estese, mentre il modello sociale ed economico europeo continua ad essere attraente. Tuttavia dovremmo essere realistici in merito alle sfide che ci attendono e consapevoli delle nostre forze, e sviluppare gli strumenti più adatti per dare risposte efficaci. Un’Unione forte e coesa è maggiormente in grado di affrontare le sfide per costruire un nuovo futuro: per far rivivere il vecchio Continente con una crescita economica sostenibile, creando una maggiore e migliore occupazione e fornendo, in particolare, una prospettiva tangibile per i nostri giovani. Sono convinto che ci stiamo muovendo nella giusta direzione.

Una nuova emergenza si è affacciata prepotentemente sulla scena mondiale: l’immigrazione di milioni di profughi che fuggono da guerre e violenze. Un flusso ininterrotto di povera gente, un fiume in piena di disperati che, a detta di molti, non si arresterà ma, anzi, continuerà per i prossimi vent’anni: con i conseguenti gravissimi problemi di accoglienza, di fame e di povertà, ma anche di ordine pubblico. L’Europa davanti a tutto ciò sembra ancora muoversi alla spicciolata, senza una precisa linea politica comune. Quale idea si è fatta in proposito, dal suo osservatorio privilegiato di Presidente della Commissione affari esteri dell’Ue?
L’immigrazione è una questione di lungo termine e richiede una risposta globale e a livello comunitario.
Dobbiamo coinvolgere tutti gli Stati membri e i Paesi terzi e portare avanti rapidamente una politica europea comune in materia di asilo. Purtroppo, questa visione si è ottenuta solo dopo l’inizio della crisi, con migliaia di rifugiati già da tempo in attesa ai nostri confini. Da oltre vent’anni gli Stati membri hanno bloccato una decisione di maggioranza in seno al Consiglio. Ora capiscono che l’Europa non è il problema, ma parte della soluzione.
E’ nostra responsabilità morale e legale offrire protezione a queste persone in fuga da guerre e persecuzioni. Certamente alcuni Stati membri già svolgono un ruolo importante, ma la chiave di tutto resta la solidarietà europea!
L’accordo sul trasferimento d’emergenza di 120.000 richiedenti asilo, rispetto ai 40.000 concordati in precedenza, è un primo passo concreto, ma ancor più importante è che l’UE concordi un meccanismo permanente di registrazione congiunta.
Una efficace politica d’asilo europea comporta necessariamente un accurato controllo e una registrazione capillare degli ingressi alle nostre frontiere esterne, ma anche su questo aspetto si avverte necessità di una maggiore solidarietà europea. In Grecia e in Italia sono già stati istituiti i cosiddetti “hotspot” al fine di sostenere i due Paesi alle frontiere esterne per identificare e registrare tutti i richiedenti asilo.
Infine, per arrivare ad una soluzione sostenibile è necessario affrontare le cause profonde della crisi.
Anni di abbandono per i quattro milioni di sfollati all’interno della Siria, e nei campi profughi nei Paesi vicini alla Siria, hanno portato a questo spostamento di massa di migranti. Gli Stati membri dell’UE hanno tagliato il loro contributo di circa il 38% rispetto all’anno scorso. Ora dobbiamo cambiare rotta. E’ bene che l’Europa intraprenda azioni senza precedenti per rispondere alle esigenze urgenti dei rifugiati, stanziando almeno 1 miliardo di euro per l’UNHCR e per il Programma alimentare mondiale e aumentando in modo sostanziale i finanziamenti per i fondi fiduciari regionali dell’UE per la crisi siriana e per l’Africa. Noi siamo la forza trainante – come ha dimostrato la recente iniziativa a Vienna –, nel tentativo di organizzare una coalizione internazionale guidata dall’ONU per porre fine a tali conflitti.

Quale ruolo dovranno avere le istituzioni europee nel prossimo futuro per continuare la costruzione di una casa comune europea?
Sulla scia della crisi economica e finanziaria, che ha avuto un impatto globale, dobbiamo riconoscere che le sfide più importanti del nostro tempo sono di natura globale e hanno un impatto rilevante sulle aree che in passato erano considerate di dominio esclusivo di Stati e Nazioni.
Ma non si tratta solo della crisi finanziaria. I cambiamenti nel settore delle politiche sociali e del lavoro, il cambiamento demografico, la competitività dell’economia di mercato, le sfide interne ed esterne alla nostra sicurezza, l’approvvigionamento energetico e il cambiamento climatico: sono sfide vaste, cui possiamo rispondere con efficacia, politicamente ed economicamente, solo ad un livello sovranazionale, ossia a livello europeo.
E’ altrettanto vero che la crisi economica e finanziaria e la conseguente crisi dei rifugiati hanno evidenziato una serie di carenze dell’Unione Europea.
Finora, a causa dell’urgenza di affrontare la crisi, abbiamo trovato soluzioni principalmente intergovernative al problema. Un problema, invece, che è fondamentalmente europeo: occorre rafforzare il patto di stabilità e crescita e il meccanismo di trasferimento di emergenza per i rifugiati nel campo della migrazione e dell’asilo politico. Ora è giunto il momento di compiere passi nuovi. Sono convinto che occorra rafforzare il quadro di governance economica, completare l’Unione economica e monetaria (UEM) e procedere verso un’unione politica vera. Abbiamo bisogno di integrare soluzioni e strutture intergovernative che abbiamo creato nel corso degli ultimi anni, intervenendo nelle strutture dei trattati e potenziando il coordinamento delle politiche economiche attraverso un rafforzamento del semestre europeo. Dobbiamo anche completare l’unione bancaria con un meccanismo di controllo forte, unitario e un sistema di assicurazione dei depositi europei capace di proteggere fino a centomila euro i risparmiatori in tutta l’UE. Ma i primi due passi dell’unione bancaria devono essere attuati dagli Stati membri prima del terzo, ovvero l’assicurazione sul deposito bancario.
Inoltre, è necessario un maggiore coinvolgimento del Parlamento Europeo nel rafforzare la responsabilità democratica.

I nuovi contesti socio-politici ci mostrano un preoccupante acuirsi dell’intolleranza religiosa.
E nel mondo tante sono le notizie di stragi e persecuzioni contro i cristiani: soprusi e violenze contro uomini e simboli della cristianità che troppo spesso passano sotto silenzio. Come reagire?

Oggi ci troviamo di fronte ad un dato estremamente preoccupante: l’intolleranza e la violenza contro le minoranze religiose ed etniche, in particolare verso i cristiani, stanno crescendo in molte parti del mondo. Non si tratta solo della persecuzione e della crescente violenza del terrorismo jihadista, ma anche di quella persecuzione silenziosa che si nasconde dietro leggi e Costituzioni di alcuni Paesi. Come Partito Popolare Europeo siamo naturalmente impegnati nell’affrontare questo problema come una priorità. Penso che l’Unione Europea debba fare di più per fermare la violenza e l’omicidio di persone innocenti per motivi religiosi. Dobbiamo prestare particolare attenzione al dialogo interreligioso, nonché allo sviluppo comune e alla prosperità del Mediterraneo e del Maghreb. Risulta evidente dalla storia dell’UE che riforme di successo e crescente prosperità siano le migliori risposte a lungo termine per i conflitti e il terrorismo. Ma l’Unione Europea deve agire immediatamente, esercitando pressioni su quei Paesi in cui le minoranze hanno bisogno di un’urgente protezione da persecuzioni e violenze. Solo una strategia globale potrà funzionare.

Il MCL è da anni impegnato a tessere reti di scambio e di amicizia in tutta l’area mediterranea per costruire attraverso il dialogo sociale ponti di pace. In particolare le nostre attenzioni si sono focalizzate sulla regione dei Balcani occidentali, dove tanto vi è ancora da fare sia in termini economici sia sul fronte dello sviluppo e del consolidamento della democrazia.
A che punto è secondo lei il percorso di avvicinamento di questi Paesi all’Europa?

I Paesi dei Balcani occidentali hanno sofferto profondamente per le guerre degli anni Novanta.
Negli ultimi 15 anni ogni Paese della regione ha dovuto affrontare una sfida sociale, politica ed economica molto complessa, cercando di uniformarsi all’Unione Europea ognuna al proprio ritmo. L’allargamento dell’UE è sempre stato il modo più efficace per promuovere la libertà, la democrazia, la pace, la stabilità, lo sviluppo economico e sociale, così come i diritti umani e lo Stato di diritto: una delle politiche europee di maggiore successo. Come PPE ci sforziamo di promuovere il modello europeo attraverso una più stretta associazione tra i Paesi partner. L’adesione di ogni Paese deve raggiungere risultati che soddisfino i criteri di Copenaghen: sono convinto che si otterranno risultati immediati quando in molti Paesi verranno attuate le riforme necessarie e vi sarà una forte adesione ai valori dell’UE.
Inoltre sosteniamo con forza e incoraggiamo la cooperazione regionale nei Balcani occidentali, come strumento per rafforzare le relazioni di buon vicinato e di pace tra tutte le etnie della regione. La società civile e il dialogo sociale svolgono un ruolo particolarmente importante in questo contesto.

Il prossimo 16 gennaio segnerà un momento molto importante per la storia del MCL: il nostro Movimento sarà infatti ricevuto in Udienza speciale dal Santo Padre Francesco. Un incontro che attendiamo con gioia e che cade al termine di un lungo percorso di approfondimento dei tanti interventi di Papa Francesco contro questa “economia che uccide”, contro la “cultura dello scarto”, e sulla necessità di abbattere le nuove povertà dovute alla corsa al consumo e allo spreco. Qual è la sua opinione?
Nella sua nuova enciclica Laudato Sì, Papa Francesco dice che “la gente ormai non sembra credere in un futuro felice, non confida ciecamente in un domani migliore a partire dalle attuali condizioni del mondo e dalle capacità tecniche. Prende coscienza che il progresso della scienza e della tecnica non equivale al progresso dell’umanità e della storia, e intravede che sono altre le strade fondamentali per un futuro felice“. Le persone vogliono che l’UE si preoccupi dello stato e del benessere sociale, che è altrettanto importante delle politiche economiche e finanziarie. Sono convinto che saremo in grado di ridare fiducia se mettiamo al centro dell’agenda politica europea la giustizia sociale.
E’ essenziale – e in molte aree stiamo già andando nella direzione giusta – stabilire regole chiare a livello europeo per quanto riguarda elevati standard ambientali, norme di tutela dei consumatori, di protezione e di diritti sociali dei lavoratori, che possano servire da riferimento per una vera convergenza sociale verso l’alto per tutti i lavoratori e i cittadini dell’Unione Europea.
Il pilastro dei diritti sociali come pure le sue regole fondamentali, non dovrebbero mai essere subordinati al mercato interno né indeboliti dalla stessa propria concorrenza. Per questo motivo è essenziale che la politica europea sia più di una semplice politica di mercato interno, ma serva anche da bussola per realizzare una vera economia sociale di mercato, determinando un quadro in cui la competitività contribuisca alla giustizia sociale e viceversa.
Questo è ciò per cui mi batto al Parlamento Europeo. Oggi il mercato non è più determinato a livello nazionale: per questo è importante stabilire regole di base per l’economia sociale di mercato a livello europeo e mondiale. Il Presidente della Commissione Jean-Claude Juncker lo sa e sta già preparando iniziative concrete per il 2016. Sono convinto che stiamo andando nella giusta direzione.
 Torna ad inizio pagina 
Edizioni Traguardi Sociali | Trattamento dati personali