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  “Senza la pace tutto è niente”

Data di pubblicazione: Mercoledì, 16 Dicembre 2015

TRAGUARDI SOCIALI / n.75 Dicembre 2015 :: “Senza la pace tutto è niente”

Parla il Prof. Franjo Topic, Presidente di Napredak

Il prof. Franjo Topic, Presidente di Napredak – l’importante associazione culturale croata, con sede a Sarajevo, da tempo impegnata in campo umanitario e nel dialogo multiculturale in tutta la Bosnia-Erzegovina – è da molti anni uno dei partner del MCL. Il Prof. Topic, caro amico del Movimento, sarà presente, il prossimo 16 gennaio, all’Udienza speciale con Papa Francesco: a lui abbiamo rivolto alcune domande per i lettori di Traguardi Sociali.

Prof. Topic lei purtroppo conosce bene cosa significhi la guerra. Sarajevo ancora cerca di ricostruire le proprie lacerazioni, evidenti non solo nelle mura dei palazzi che portano i segni della devastazione, ma anche e soprattutto nel cuore delle persone, e specie in quello delle giovani generazioni più fragili ed esposte. Cosa si sente di dire, oggi, ad un’Europa ‘in ebollizione’ per gli attacchi terroristici, dove soffiano impetuosi i venti di una nuova possibile, devastante guerra?
Il terrorismo già da anni semina terrore nel mondo, sin da quando sono state distrutte le Twin Towers a New York nel 2001: un attacco mirato a colpire i simboli della potenza americana. I terroristi hanno dimostrato con quegli attentati che nessuno può più sentirsi al sicuro, nemmeno negli Stati Uniti. Nella più grande potenza mondiale tutti pensavano fino a quel momento di essere al sicuro, anche perché lontani da quel mondo. Il terrorismo oggi miete tanti frutti perché ha seminato molta paura.

Papa Francesco ha più volte parlato di una terza guerra mondiale combattuta ‘a pezzi’.
Difficile non condividere questo pensiero. Ma come possiamo evitare che ciò avvenga, senza scoraggiarci anzi intensificando gli sforzi per la pace e il dialogo?

Papa Francesco ha ragione anche in questo. Sono in atto tante guerre inconsuete ai nostri giorni. E questa guerra contro il terrorismo e l’Isis ha coinvolto circa 80 Paesi. Ma gli sforzi per la pace e per il dialogo non si devono assolutamente fermare. In tutta la vita è necessario sempre un impegno costante per l’educazione, per il dialogo e, a volte, si rende necessario anche l’uso della forza. Purtroppo nell’uomo oltre al bene c’è anche un potenziale di male, e la lotta tra bene e male è costante. Il poeta Blake ha detto: “per il trionfo del male, basta che i buoni non facciano niente”.
Per questo dobbiamo impegnarci e, parlando da cristiani, dobbiamo ricordare il Vangelo: “quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: Siamo servi inutili”. Quindi dobbiamo fare tutto quanto è possibile e, solo dopo aver fatto tutto, lasciare il resto nelle mani di Dio misericordioso.

In Europa il fenomeno migratorio sta raggiungendo proporzioni epocali: nostro malgrado saremo con tutta probabilità costretti nei prossimi decenni ad accogliere milioni di disperati che fuggono da guerre e fondamentalismi.
Non possiamo evitare di aiutare, di dare una mano, e tuttavia la questione dell’integrazione si fa sempre più delicata e complessa.
Si sente di dare suggerimenti in proposito?

E’ difficile dare buoni suggerimenti in questa situazione che, come lei dice, è delicata e complessa.
Si è capito da subito che questa è una migrazione organizzata, e lo si è potuto dedurre facilmente perché questa crisi e la guerra in Siria sono in essere già da 4-5 anni e, all’inizio, sono arrivati solo migranti occasionali come quelli che sbarcavano con le navi a Lampedusa e altrove. Inoltre, come migranti, sapevano quando partire, da dove partire e dove raccogliere i soldi.
Il dato preoccupante è che dopo gli attentati di Parigi l’atteggiamento verso i migranti sembra essere profondamente mutato. Il Primo ministro francese Valls ha detto espressamente che i migranti si devono fermare. Si costruiscono “muri” non soltanto in Ungheria, ma anche in Slovenia e Macedonia. Purtroppo, il prezzo di tutto questo sarà pagato solo dalla povera gente innocente. Come spesso si è verificato nella storia, a causa di pochi malfattori molti innocenti ne pagano il prezzo. Molte persone della Bosnia ed Erzegovina hanno sperimentato lo stato di profugo nella nostra guerra, e l’Europa è stata molto benevola nei loro confronti. Ed anche io voglio ringraziare per il grande aiuto profuso nei confronti dei tanti disperati costretti a lasciare la propria casa per sfuggire alla guerra o alla totale indigenza. Non si lascia la patria, la terra nativa senza tristezza. Si devono aiutare coloro che sono veramente bisognosi, anche se non è sempre facile distinguere i buoni dai cattivi. E non dobbiamo nemmeno dimenticare che l’Europa ha bisogno di lavoratori, perché la natalità è in continuo e preoccupante calo, ormai attestata ai livelli minimi nella storia dell’Europa.

La collaborazione e l’amicizia fra Napredak e il MCL vanno avanti ormai da molti anni, anche con considerevoli risultati positivi per la riconciliazione e l’integrazione fra diverse etnie e religioni. Il Centro per il Dialogo sorto sul Monte Trebevic è solo uno dei più evidenti risultati raggiunti insieme. Qual è il suo consuntivo di questo sodalizio? Ci sono altri progetti per il futuro?
La collaborazione fra MCL e Napredak è in continuo sviluppo e, grazie a Dio, molto fruttuosa. E’ importante menzionare il Centro per il Dialogo costruito insieme dove, solo in quest’ultimo anno, si sono svolti oltre trenta seminari e conferenze. E’ importante anche ricordare che è frequentato non soltanto da cattolici, ma da persone di tutte le confessioni religiose.
Vorrei sottolineare, inoltre, il ruolo del MCL nella promozione del dialogo sociale e religioso nel Sud-est europeo. Il MCL da molti anni lavora in questo campo e, come pochi altri, ha ottenuto importanti risultati. Noi di Napredak siamo felici di poter essere partner in questo impegno strategico. Ripetiamo sempre che la Bosnia ha come missione l’ecumenismo e il dialogo perché viviamo in una società composta da ortodossi e musulmani. Qui non ci sono soltanto tre gruppi, ma praticamente tre mondi: cattolico, ortodosso e musulmano. Di questa missione della Bosnia ho parlato alla fine di novembre pure al Parlamento europeo.
E’ importante evidenziare che l’impegno del MCL è costante e continuo. Già abbiamo in programma seminari per promuovere il dialogo in Croazia il prossimo febbraio, e in Albania nel mese di aprile. Nei seminari sono stati inclusi rappresentanti di quasi tutti i Paesi dei Balcani.
Tutti i dati di questo impegno verranno presentati a grandi linee a Papa Francesco. Il Santo Padre è molto interessato all’ecumenismo e al dialogo, come ha mostrato anche durante la sua visita a Sarajevo nel giugno scorso incontrando le comunità ortodossa, giudaica e mussulmana. Voglio ricordare che, in quell’occasione, il MCL e Napredak sono stati presenti a diversi incontri con il Santo Padre.
E Napredak, tra l’altro, ha organizzato all’aeroporto di Sarajevo il benvenuto e l’addio al Santo Padre, con la presenza di tantissime persone, specialmente di giovani.

Il prossimo 16 gennaio il MCL sarà ricevuto in Udienza speciale dal Papa: anche lei, prof. Topic, sarà con noi in Sala Nervi, segno ulteriore della grande amicizia che ci lega. Come possiamo prepararci al meglio per questo evento che tutto il MCL attende con gioia e trepidazione?
I membri di Napredak sono molto entusiasti e interessati a partecipare all’udienza con il Santo Padre. Ringrazio il MCL e il presidente Costalli per averci invitato a questa udienza memorabile. Per noi è un onore e una grande gioia partecipare all’udienza con il Santo Padre, che è molto amato anche in Bosnia ed Erzegovina, e non soltanto tra i cattolici.
Invito tutti i membri del MCL e di Napredak a pregare per il successo di questa udienza storica. Il messaggio che dobbiamo tenere sempre vivo in noi è quello di Papa Francesco nell’Omelia a Sarajevo: “Dovete essere costruttori della pace, non soltanto predicatori”. Ascolteremo con grande emozione e attenzione i messaggi che il Santo Padre ci rivolgerà all’udienza prossima.
Concludo proprio con la mia esperienza vissuta durante la guerra a Sarajevo e guardando quello che adesso succede nel mondo: la pace non è tutto, però senza la pace tutto è niente.
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