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  Il lavoro che vorremmo

Data di pubblicazione: Venerdì, 25 Luglio 2014

TRAGUARDI SOCIALI / n.66 Maggio / Giugno 2014 :: Il lavoro che vorremmo

Intervista a Emmanuele Massagli, Presidente di Adapt

Emmanuele Massagli è uno dei massimi esperti di diritto del lavoro, nonostante la sua giovane età (classe 1983). Coordinatore, dal 2010 al 2011, della segreteria tecnica del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, è il Presidente di Adapt, l’organizzazione no profit fondata nel 2000 da Marco Biagi (il giuslavorista assassinato dalle Brigate Rosse), allo scopo di promuovere studi e ricerche nel campo del diritto del lavoro e delle relazioni industriali in una prospettiva internazionale e comparata. Con lui abbiamo parlato di lavoro in Italia, tra prospettive di rilancio, zavorre del passato e prove generali di riforme.

Con la pubblicazione in GU del 16 maggio è entrato in vigore il Decreto lavoro: quali osservazioni?

Si tratta di un decreto coraggioso, per quanto non si possa definire una ‘riforma’, poiché manca, volutamente, di un disegno complessivo, rimandato all’attuazione delle deleghe già presentate in Senato. L’acausalità per 36 mesi del contratto a tempo determinato è certamente una novità dirompente per il nostro diritto del lavoro, impensabile anche solo un anno fa. E’ una misura di esplicita direzione anticiclica, finalizzata ad ottenere qualche risultato in termini di maggiore occupazione o minore disoccupazione nel brevissimo termine.
Una mossa azzardata (il rischio reale è l’ancor più marcato crollo dei contratti a tempo indeterminato), ma pragmatica. Mi auguro anche di successo.
Lo vedremo a partire dalle comunicazioni Istat di settembre.

Riprende il cammino del Jobs Act: che cosa è auspicabile?

Come detto in precedenza, per ora il Governo si è mosso con un orizzonte di breve termine. Il primo auspicio è quindi che siano riempiti di contenuti reali i criteri di delega, ancora troppo vaghi, racchiusi nei sei articoli del disegno di legge 1428 già all’attenzione della Commissione Lavoro del Senato. Dopo una liberalizzazione così drastica del contratto a termine, pare logico un intervento modernizzatore anche del contratto a tempo indeterminato, se si vuole che continui ad essere il contratto di lavoro ‘standard’. Parimenti non rinviabili gli interventi in materia di ammortizzatori sociali e semplificazione legislativa.

Per i giovani NEET è da poco partita la Garanzia Giovani. Bastano le norme per portarli al lavoro? Quali consigli?

La Garanzia Giovani è un programma che l’Italia non si può permettere di ignorare, non foss’altro per la quantità di risorse che porta in dote (circa 1,5 miliardi, una piccola Finanziaria solo per i giovani). Certo, l’architettura istituzionale delle nostre politiche del lavoro non aiuta: è competenza delle Regioni concretizzare il Piano Nazionale approvato dall’Europa e già si osservano preoccupanti ritardi e inefficienze. A riconferma che né le norme né gli incentivi economici bastano, da soli, a risolvere i problemi. Questo è ancor più vero nel caso dei NEET, la cui situazione critica non è causata dalla disoccupazione, ma dall’inattività, ovvero dall’incapacità anche di cercare lavoro, oltre a non averlo. Il primo consiglio non può quindi che essere quello di ‘attivarsi’, di tenersi sempre attivi nella ricerca di un impiego, accettare inizialmente quel che il mercato offre, rivedere e migliorare il proprio curriculum, personalizzarlo, studiare e aggiornarsi (anche da autodidatti), frequentare i siti di annunci di lavoro, etc… Cercare lavoro è già un ‘lavoro’ da prendere sul serio.

Su cosa occorrerebbe intervenire con decisione?

Siamo figli del nostro tempo, che è ancora un tempo di ‘linearità’ e ragionamenti per ‘compartimenti stagni’. I giovani sono disoccupati? Istintivamente colpevolizziamo subito il funzionamento del mercato del lavoro e la rigidità del diritto del lavoro e ci aspettiamo da questi ambiti ‘la’ soluzione al problema. Certo non si tratta di settori esenti da colpe, ma molto più urgente è un intervento di miglioramento della qualità della formazione che i giovani ricevono a scuola. Ancora in Italia è tabù parlare di ‘occupabilità’. Ma è così scandaloso chiedere alla scuola (e all’università) di tenere conto dei fabbisogni professionali reali del territorio, nonché di informare i ragazzi e le famiglie delle caratteristiche del mercato del lavoro locale (si chiama ‘orientamento’)?

Cosa pensa del progetto di semplificazione firmato Michele Tiraboschi e Pietro Ichino?

Si tratta di un interessantissimo progetto che è stato svolto grazie alla piattaforma informatica di ADAPT e al coinvolgimento di circa 200 persone tra addetti ai lavori, ricercatori, sindacalisti, uomini d’impresa e politici. Il tentativo (riuscito) è stato quello di condensare in una settantina di articoli da innestare nel Codice Civile la complessità di circa 15.000 precetti che soffocano il diritto del lavoro, attualmente sparsi in una miriade di atti normativi e amministrativi (per tacere delle norme di origine contrattuale). E’ un tentativo reale, concreto e già pronto, di semplificazione.
Male farebbe il Ministero competente a non tenerne conto.

In questo contesto c’è ancora spazio per l’associazionismo nel mondo del lavoro? Quale ruolo per le parti sociali e le relazioni industriali?
Questo Governo non è certamente ‘union friendly’. Non sbaglia a criticare le parti sociali per la deriva corporativista e autoreferente che spesso hanno. Sbaglia invece tantissimo a fermarsi a questo punto, non capendo che il mercato del lavoro per funzionare non ha bisogno solo dello Stato (anzi, meno è meglio è), bensì di corpi intermedi efficienti, rappresentativi e competenti, guidati da reali motivazioni associazionistiche. Il Governo non dovrebbe/deve dialogare con le parti sociali perché così recita il manuale dell’educazione istituzionale, ma perché queste realmente rappresentano lavoratori e imprese. C’è sempre più bisogno di realtà associative a carattere sociale (come il MCL), responsabili e capaci di fare quella compagnia al lavoratore e a chi sta cercando lavoro che può essere un portentoso fattore di attivazione e ri-motivazione della persona anche in un momento difficile come quello attuale.
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