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  IL NUOVO VOLTO DEL MEZZOGIORNO

Data di pubblicazione: Martedì, 28 Aprile 2009

TRAGUARDI SOCIALI / n.35 Marzo / Aprile 2009 :: IL NUOVO VOLTO DEL MEZZOGIORNO

I cambiamenti culturali sono già in atto

25 gennaio 1948, 18 ottobre 1989, 12 febbraio 2009.
Tre date significative, tre tappe importanti a testimonianza della costante attenzione della Chiesa nei confronti del Sud.
La prima data corrisponde alla pubblicazione della lettera collettiva dei vescovi del Mezzogiorno dal titolo I problemi del Mezzogiorno; la seconda riguarda il documento dei vescovi italiani Chiesa italiana e Mezzogiorno: sviluppo nella solidarietà; infine il convegno di Napoli Chiesa nel Sud, Chiese del Sud.
Il Card. Sepe, nella sua relazione al convegno di Napoli, traendo spunto proprio dal documento del 1989 sottolineava come: “A distanza di vent’anni le
cose non vanno molto meglio, anzi oggi è problematico perfino pensare di argomentare sulla questione meridionale. Qualcuno, anzi, si chiede se in presenza di tanti Mezzogiorni abbia ancora senso parlare di un solo Meridione. Sembra che la debolezza della riflessione sul Mezzogiorno nasca dalla distanza tra una proposta necessariamente globale, che riguardi
la concreta, fragile storia di frammentazione del Sud d’Italia, e il destino e le speranze dell’intera nazione. In realtà, cambiano i termini ma la realtà
resta. Coniugare la ricchezza della propria singola storia con il resto dell’Italia è la sfida che riguarda la nostra società e la nostra Chiesa. Bisogna praticare quella solidarietà che si esprime nel dare e nell’avere, nello scambio dei doni di cui ognuno è portatore.”
Personalmente, da uomo del Sud, condivido pienamente la riflessione del Card. Sepe e, come ho già avuto modo di dire nel corso di un mio precedente
intervento sulle colonne di questo giornale, è giunta l’ora di superare definitivamente la questione meridionale all’interno di una politica economica
unitaria, una politica nazionale che sappia superare il divario oggi esistente, che possa individuare i necessari correttivi, che possa perseguire obiettivi di
eguaglianza sociale, che possa ristabilire il ruolo primario e la presenza dello Stato quale subsidium alle comunità locali, ai corpi intermedi, a tutte le
forze sociali e culturali.
Non è più tempo di parlare di questione meridionale, almeno nei termini sino ad ora utilizzati: oggi la contrapposizione non è tra il Mezzogiorno e il ricco Nord-Est - forse non tanto ricco come un tempo -; le dinamiche di confronto avvengono su un territorio molto più esteso, europeo o addirittura mondiale, per cui diventa anacronistico parlare ancora di politiche di divario tra Nord e Sud.
In questi anni, probabilmente non vi è stata quella ‘rivoluzione’ che in un qualche modo ci si aspettava; non possiamo, però, non cogliere alcuni
cambiamenti che pure ci sono stati.
Il Mezzogiorno non è più quello di venti o trenta anni fa.
Qualcosa è cambiato, un movimento culturale si è avviato, una maggiore presa di coscienza vi è stata, molti tabù sono stati superati.
L’idea di un Sud piagnone, di una popolazione rassegnata, di un popolo inerte, non rappresenta più la vera realtà del Mezzogiorno.
Tanti elementi fanno propendere per una visione più ottimistica di questa grande risorsa del Paese.
Un territorio ricco di intelligenze, di bellezze naturali, con una grande voglia di fare e di esserci.
Certo, rimangono attuali le grandi carenze infrastrutturali, che creano distanze a volte difficili da colmare, non solo con il Nord del Paese ma anche e soprattutto con la grande area del Mediterraneo verso cui è necessario volgere lo sguardo. Una società che sempre di più sta assumendo i connotati della multiculturalità, ha bisogno di riferimenti certi, di
valori identitari che soli possono garantire la libertà del confronto evitando il rischio dell’omologazione.
Il Mezzogiorno ha in sé le risorse e gli strumenti necessari per affrontare questa sfida.
“Il Sud è, ancora, un luogo di vita, in cui ci sono risorse umane e grande agilità mentale; permane una cultura dell’amicizia e della lealtà interpersonale che può essere preziosa nel momento in cui, un po’ in tutto l’occidente, si cerca di correggere un tipo di sviluppo economicisticamente inteso, fondato sull’egoismo”: straordinaria l’attualità di questo passaggio del documento dei vescovi del 1989. Sviluppo egoistico in contrapposizione ad un’etica dell’economia, un’economia che rimetta al centro l’uomo e il lavoro, la famiglia con i suoi bisogni, le aspirazioni e le aspettative, un’economia che riacquisti i valori della socialità all’interno di un corretto
mercato.
Questi principi non spaventano il Sud, così come lo stesso federalismo, se correttamente inteso e basato sul principio della solidarietà, non trova nel
Sud contrapposizioni o riserve; occorre ridare voce al territorio alle comunità locali, riconoscere il valore e l’importanza dei corpi intermedi, incrementare
il confronto, la partecipazione.
Solo così si può legittimamente sperare in un futuro migliore.
Vincenzo Massara
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