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  Dal Recovery Fund benzina nel motore del Terzo Settore

Data di pubblicazione: Mercoledì, 26 Agosto 2020

TRAGUARDI SOCIALI / n.98-99-100 Marzo / Agosto 2020 :: Dal Recovery Fund benzina nel motore del Terzo Settore

Terzo settore

Negli ultimi tempi il dibattito sul Terzo Settore e sulla funzione dei corpi intermedi ha assunto toni francamente surreali. Mi ha colpito in particolare un editoriale pubblicato sull’“Espresso” di Marco Damilano, giornalista peraltro acuto e intelligente, in cui l’autore stigmatizza il fatto che nel dibattito politico degli ultimi tempi manca il contributo, che tante volte è arrivato, della società civile. Questo è vero fino a un certo punto, meraviglia, però, che questi ragionamenti vengano fuori solo ora, dopo che in questo Paese negli ultimi venticinque anni non si è fatto altro, da parte della politica in generale, che sparare ad altezza d’uomo su qualsiasi forma di dialogo che non fosse quello fra il popolo e “l’uomo solo al comando”.
Verrebbe poi da dire, con amarezza, che non c’è peggior sordo di chi non vuol sentire e che i contributi alla discussione servono a poco se non si ascoltano o se, nel migliore dei casi, se ne prende atto con sufficienza e fastidio. Se questa è la cornice dentro la quale ci muoviamo, da parte nostra urgono una serie di considerazioni che indichino la necessità che questo auspicato piano di ripresa coinvolga in pieno il Terzo Settore. Il fatto che la sussidiarietà sia per noi un valore irrinunciabile è talmente scontato che merita solo un richiamo per impedirci di essere ripetitivi. Il periodo da cui stiamo uscendo con molta fatica è stato sicuramente uno choc, e se il “Sistema Paese” ha retto è stato in gran parte per merito di tutte quelle associazioni di cittadini che non hanno mai smesso di occuparsi degli altri, in maniera particolare dei più deboli. In Italia, purtroppo, ci si distingue per la labilità della memoria, soprattutto da parte di chi ha responsabilità politiche e istituzionali. Sarà bene, quindi, ricordare ora, e tutte le volte che ce ne sarà l’occasione, quanto l’impegno a mantenere un livello di coesione sociale accettabile da parte delle associazioni del Terzo Settore abbia contribuito a non far scivolare il Paese in una generale crisi di nervi, sfiorata in innumerevoli occasioni.
Quindi, da parte nostra più che riprendere quello che per molti si è interrotto c’è solo da continuare a fare quello che, soprattutto in questi mesi così difficili, è stato fatto. Il punto è che da ora in poi si tenga davvero conto, con i fatti e non solo a parole, che non è più rimandabile la valorizzazione piena del ruolo del Terzo Settore nel governo di questo Paese. Per quanto ci riguarda questo vuol dire essenzialmente una cosa: rafforzare da un punto di vista sostanziale le strutture di cittadini che operano sul territorio. E questo lo si fa permettendo che tutti diano il loro contributo al dibattito sulle scelte politiche amministrative a tutti i livelli, ma lo si fa anche, è inutile negarlo, sostenendo da un punto di vista economico e di operatività le libere associazioni del Terzo Settore.
Da europeisti convinti, senza se e senza ma, registriamo con grande soddisfazione lo sforzo che, pur fra mille difficoltà, la Comunità Europea ha fatto destinando ingenti risorse a sostegno delle Nazioni più in difficoltà. L’Italia sarà una delle principali fruitrici dell’ormai famoso Recovery Fund, che a noi piace chiamare con il suo equivalente in italiano, semplicemente, Fondo per la Ripresa. Sarà molto utile che all’interno della ridistribuzione di questi fondi si tenga ben presente la realtà del nostro Paese, che non è quella che a volte si sente narrare ma è invece quella che si è rivelata nel momento del bisogno in tutta la sua complessità e capillarità di azione. Reclamiamo con forza, quindi, tutti quegli interventi normativi e finanziari che permettano al Terzo Settore non di ripartire, ma semmai di proseguire nel suo impegno mai interrotto, cercando di fare in modo che esso sia sempre più incisivo.
Come ho avuto l’occasione di sottolineare in diversi articoli sull’argomento pubblicati sul sito del Movimento, c’è poi un ulteriore passo da compiere all’interno del Terzo Settore che riguarda il contributo specifico delle associazioni di promozione sociale quale noi siamo. Il nostro è un ruolo che viene ancora prima di quello delle altre associazioni. Il fare comunità, il senso di partecipazione, la gioia di ritrovarsi, fanno parte del nostro Dna. A dirlo sembra facile, pensate però a quanto tutto ciò è stato importante, anzi insostituibile, in questo periodo. Questo è il nostro tratto caratteristico insieme a quello dei
servizi che mettiamo a disposizione dei cittadini, soprattutto di quanti sono in difficoltà. C’è bisogno, quindi, che le istanze delle associazioni di promozione sociale abbiano il ruolo che a loro compete, anche nel dibattito e nella dialettica interna al Terzo Settore.

Giovanni Pecchioli
Delegato per il Terzo Settore

SISTEMA ITALIA

Vale il 4,3% del Pil

Se vi sembra poco


Dall’ultimo rapporto Istat, che ha istituito un censimento permanente delle istituzioni non profit nel 2016, emerge che, all’11 ottobre 2019, le istituzioni non profit attive in Italia sono 350.492, registrando un continuo aumento. Il Terzo Settore continua ad espandersi con tassi di crescita media annui superiori a quelli delle imprese orientate al mercato. La crescita del Terzo Settore viene registrata anche nel numero dei dipendenti, che attualmente risultano pari a 844.775. Cresce anche il numero dei volontari che risultano essere oltre i quattro milioni. Nel complesso degli Enti del Terzo Settore la prevalenza numerica è di gran lunga quella delle Associazioni che, sempre secondo l’Istat, sono 298.140, e sono anche quelle che registrano il maggior numero di dipendenti (169.303).
Da uno studio Unicredit, pubblicato dal Giornale delle fondazioni di origine bancaria, risulta che l’effettivo impatto economico del Terzo Settore sulla società italiana è equivalente al 4,3% del Pil.
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