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  Il voto di settembre termometro del rapporto tra Stato e Regioni

Data di pubblicazione: Giovedì, 3 Settembre 2020

TRAGUARDI SOCIALI / n.98-99-100 Marzo / Agosto 2020 :: Il voto di settembre termometro del rapporto tra Stato e Regioni

Dopo gli accordi di Bruxelles sul Recovery Fund ed il relativo dividendo politico per il governo e le forze di maggioranza, le elezioni locali di settembre potrebbero assumere una prospettiva differente.

Alle domande già sul tappeto che ruotano intorno a questo passaggio elettorale - quanta tenuta o avanzamento politico di consenso registreranno le diverse forze politiche, considerando anche la possibile incidenza dell’inizio di un autunno difficile e, inoltre, quale effetto sulla stabilità del governo - se ne aggiunge un’altra: quale influenza avrà, se ne avrà, il “successo” diplomatico dell’Italia al Consiglio europeo di luglio e la prospettiva delle risorse che saranno a disposizione nel 2021.
Questo rapporto tra le ricorrenti elezioni locali e la loro incidenza sulla condizione politica generale appare come un limite del nostro sistema politico. Sull’esito del voto regionale, in passato, si dimisero governi. Lo stesso effetto non si registra negli altri Paesi europei, per la semplice ragione che la nostra democrazia rappresentativa, da diverso tempo, non riesce a realizzare una stabile governabilità. La probabile causa, rimossa dalle forze politiche, risiede in una crisi della rappresentanza; mancano, con evidenza, le condizioni per quegli accordi di legislatura necessari nei sistemi politici a base parlamentare che non si possono avvalere di vantaggi, sotto questo profilo, analoghi a quelli di tipo presidenziale.
Il quesito politico al centro delle discussioni è il possibile - e in quale misura realizzabile - accordo tra le due principali forze politiche che compongono l’attuale maggioranza. Pur invocato da Nicola Zingaretti, sembra, al momento, che ciò sia in campo nella sola regione Liguria, dove, tuttavia, la guida del “moderato” Giovanni Toti dovrebbe assicurare al centrodestra il pieno di quell’elettorato di centro, poco convinto delle posizioni da scontro frontale e di un candidato sfidante eccessivamente gradito ai grillini.
Ci sono sollecitazioni all’interno dei parlamentari 5 stelle e, soprattutto, da parte di Beppe Grillo, per consolidare questa alleanza attraverso accordi locali. La rinuncia alla conferma della sindaca di Roma, indirettamente avanzata dal fondatore, con la possibile conseguente apertura ad una candidatura del Pd, pur disattesa dall’interessata ma realizzabile al ballottaggio, costituirebbe, ad esempio, un punto di incontro di rilievo, data l’importanza politica dell’elezione romana della prossima primavera. Un’alleanza che, tuttavia, come sempre, non è destinata a trasformarsi in una sommatoria di consensi, per le storie e identità differenti che gli elettori colgono. Nel centrodestra sembra aprirsi la stagione di candidature meno schierate sul fronte estremo; probabilmente la “lezione” dell’Emilia Romagna ha fatto riflettere. La guida leghista della coalizione ha iniziato a mostrare i suoi limiti.
Nella stessa Toscana, ad esempio, la candidata leghista, ex sindaca di Cecina, sembra caratterizzarsi soprattutto sull’esperienza amministrativa e meno sotto il profilo squisitamente politico, come invece era avvenuto per la fallimentare campagna emiliano romagnola. Nelle due regioni del sud, Campania e Puglia, la solidità dei presidenti uscenti, pur rinserrati nel solo supporto del Pd, si troverà ad affrontare candidature di personaggi che per esperienza e aperture renderanno competitiva l’elezione. Il voto nelle Marche si potrebbe conformare all’andamento generale che ha visto i successi del centrodestra.
Al di là del significato e del chi prevarrà dei governatori, queste elezioni regionali si svolgono dopo le vicende complesse del rapporto tra Stato e Regioni a cavallo dei provvedimenti per il Covid 19. La questione si riaprirà rispetto alle risorse che giungeranno dall’Europa. Minimizzata a scontro di poteri, la mancata composizione del rapporto tra Stato e Regioni costituisce invece una questione istituzionale determinante, anche alla luce delle necessarie riforme richieste dall’Europa con riferimento alla speditezza delle procedure amministrative e all’incidenza sui territori dei nuovi progetti e della crescita produttiva, in un Paese come l’Italia dove tra impresa e territorio c’è un legame assai più rilevante rispetto ad altre aree del Continente.
Distratta dalle implicazioni politiche e dall’eterna questione degli schieramenti e del “chi vince e chi perde”, la politica italiana appare disattenta anche sulla vera posta in gioco in questa tornata elettorale: nel dopo accordi di Bruxelles, i passaggi politico istituzionali assumono un valore significativo come indicazione reale della strada che l’Italia intende percorrere per il suo sviluppo.
Auspichiamo che nei programmi dei partiti e dei candidati governatori si affaccino quelle novità che aspettiamo da anni e che ormai non sono più rinviabili.

Pietro Giubilo
Vicepresidente Fondazione Italiana
Europa Popolare


GEOGRAFIA AMMINISTRATIVA

Alle urne in Regioni e Comuni


Il 20 e 21 settembre sarà di nuovo election day: gli italiani saranno infatti chiamati a votare, oltre che per il referendum costituzionale sul taglio dei parlamentari, anche per le amministrative che prevedono il rinnovo di 7 Consigli Regionali, mentre i Comuni chiamati alle urne saranno 1.154 (di cui 156 superiori ai 15000 abitanti e 1028 inferiori).
Vediamo quali saranno le Regioni chiamate al voto (a parte Emilia Romagna e Calabria, dove si è già votato lo scorso 26 gennaio): Veneto - Campania - Toscana - Liguria - Marche - Puglia - Valle d’Aosta. Tra i Comuni in cui si voterà vi sono 18 Comuni capoluogo (Agrigento, Andria, Arezzo, Aosta, Bolzano, Chieti, Crotone, Fermo, Enna, Lecco, Macerata, Mantova, Matera, Nuoro, Reggio Calabria, Trani, Trento e Venezia) di cui 3 sono anche capoluogo di Regione (Aosta, Trento e Venezia).
Tra i principali Comuni non capoluogo si apriranno le urne a Giuliano, Castrovillari, Cava de’ Tirreni, Voghera, Avezzano, Faenza, Altamura, Cerignola, Licata, Marsala, Milazzo, Terracina e Castelfranco Veneto.
Sarà un test elettorale importante in attesa, ovviamente, della primavera 2021, quando si voterà, fra l’altro, in città del calibro di Roma, Milano e Torino.
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