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  Urge agevolare la formazione giovanile

Data di pubblicazione: Martedì, 30 Aprile 2013

TRAGUARDI SOCIALI / n.58 Maggio 2013 :: Urge agevolare la formazione giovanile

La nuova Raccomandazione della Commissione Europea

Prosegue anche in questo numero la corrispondenza da Bruxelles, curata dal giornalista Pierpaolo Arzilla. ‘Una finestra sull’Europa’ questa volta si occupa della Raccomandazione emessa dalla Commissione europea a tutela della formazione dei giovani

Come si può davvero riequilibrare l’austerità con la crescita se le misure di consolidamento fiscale sono vincolanti e quelle (poche, per ora) riservate allo sviluppo e all’occupazione non lo sono?
E’ il caso del Pacchetto di investimenti sociali e più ancora dello Youth Garantee Scheme, lo schema di garanzia per i giovani approvato poche settimane fa dai ministri del lavoro dei 27. Si tratta di una Raccomandazione della Commissione europea, e come tale giuridicamente tutt’altro che vincolante, con cui l’esecutivo Ue indica agli Stati membri alcune linee guida per offrire ai giovani che hanno finito o abbandonato gli studi, un’opportunità per continuare a studiare, un primo percorso di formazione e tirocinio o addirittura un primo impiego.
Si tratta di accorciare il più possibile la fase di transizione scuola-lavoro: in questo senso l’Ue vuole limitare il limbo a 4 mesi, sulla scorta delle esperienze già fatte dai Paesi scandinavi.
La prima Garanzia Giovani messa a punto, per esempio, dalla Svezia, risale addirittura al 1984. E’ dunque il modello scandinavo a fare da bussola nel tentativo di Bruxelles di incidere sulle politiche d’inclusione dei 27, con l’obiettivo di ridurre drasticamente il numero dei cosiddetti Neet (not in employment, education or training), cioè di quegli under 25 che non studiano, non lavorano e non frequentano corsi di formazione. Parliamo di circa 8 milioni di ragazzi senza una prospettiva, e che all’Unione Europea costano ogni anno 150 miliardi, pari all’1,2% del Pil comunitario, con l’Italia che è addirittura oltre la media Ue, perché mantenere i giovani disoccupati (tasso al 35% secondo le ultime stime della Commissione) costa al Paese il 2% del suo prodotto interno lordo.
Il budget 2014-2020 all’insegna dell’austerità non permette grandi slanci, e pensare che la proposta iniziale della Commissione per la quota di bilancio dedicata all’occupazione giovanile era stata fissata a 21 miliardi: la disponibilità di Bruxelles si ferma a 6 miliardi (“insufficienti ma è un passo avanti”, sostiene la Ces), 3 dal quadro pluriennale e 3 dal Fondo sociale europeo (Fse), che nello specifico sosterrà misure d’inserimento al lavoro per i giovani di quelle regioni in cui la disoccupazione junior è pari o superiore al 25%.
L’iniziativa di Palazzo Berlaymont rappresenta dunque un invito alle cancellerie a sfruttare adeguatamente i fondi strutturali. Anche lo Youth Guarantee, ha rilevato recentemente l’Ilo, ha un costo, anzi più corretto sarebbe dire un investimento, ma che è certamente inferiore a quello che attualmente spende l’Ue per mantenere i Neet. Solo per l’Eurozona la spesa sarebbe di 21 miliardi, proprio quanto richiesto dalla Commissione nella prima stesura del budget 2014-2020, pari allo 0,45 del suo Pil. In Italia, come si diceva, la disoccupazione giovanile è passata dal 29,1% del 2011 al 35,1% del settembre 2012, e i Neet sono quasi al 20%, mentre oltre il 18% abbandona prematuramente istruzione e formazione.
Le linee guida della Commissione comprendono qualcosa come 40 punti con cui l’Europa indica iniziative specifiche in cui il Fse può assistere gli interventi dei singoli Paesi: dall’individuazione del “talento” o delle caratteristiche specifiche dei candidati ai programmi di re-inserimento nella scuola secondaria, dalla formazione per il primo impiego al training per la creazione di micro-imprese, dalla cooperazione tra servizi all’impiego alla promozione della mobilità del lavoro.
L’Ue, inoltre, sta lavorando con le parti sociali per definire una proposta a favore di un quadro europeo di qualità sui tirocini, a cominciare dai cosiddetti “contratti di tirocinio”, per evitare l’abuso di stage inutili e non formativi, che come tali impediscono, di fatto, ai giovani di acquisire le competenze necessarie per competere nel mercato del lavoro. Il tasso di disoccupazione giovanile ha superato la soglia del 25% in 13 Stati membri; Grecia e Spagna hanno tassi del 55%, Italia, Portogallo, Irlanda, Bulgaria, Cipro, Lettonia, Ungheria e Slovacchia pari o superiori al 30. Più del 30% dei disoccupati di età inferiore ai 25 anni, è senza lavoro da più di 12 mesi: 1,6 milioni nel 2011. I tassi di occupazione complessivi dei giovani, informa Eurostat, sono scesi di quasi 5 punti negli ultimi 4 anni: il triplo degli adulti. La possibilità che un giovane disoccupato trovi lavoro è sempre più limitata: solo il 29,7% di giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni che erano disoccupati nel 2010, ha trovato un lavoro nel 2011: un calo di quasi il 10% in 3 anni.
“L’Europa ha speso centinaia di miliardi di euro per salvare le sue banche – commenta il vice segretario generale della Ces Patrick Itschert – era ora che cominciasse a occuparsi dei giovani e del loro futuro. Sei miliardi non sono abbastanza, ma certamente rappresentano un primo passo importante verso la giusta direzione, in un momento in cui l’Unione europea è bersagliata di critiche”.
Le priorità, tuttavia, aggiunge Itschert, “restano l’occupazione e soprattutto un’occupazione di qualità, e investimenti adeguati alla creazione di nuovo impiego”. Sì, ma trattandosi di provvedimenti non vincolanti la domanda iniziale resta, con il grande obiettivo di fondo, riequilibrare il rigore con la crescita, che rischia di rimanere lontano anche per il 2013.

Pierpaolo Arzilla
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