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  Sindacati europei, non basta manifestare

Data di pubblicazione: Giovedì, 16 Giugno 2011

TRAGUARDI SOCIALI / n.48 Luglio / Agosto 2011 :: Sindacati europei, non basta manifestare

Ad Atene il Congresso Ces.

Prosegue in questo numero la corrispondenza da Bruxelles, curata dal giornalista Pierpaolo Arzilla. ‘Una finestra sull’Europa’ questa volta si occupa del Congresso Ces, la Confederazione europea dei sindacati, che si è recentemente tenuto ad Atene.

La Ces riparte dalla contrattazione: un auspicio, per ora, più che una certezza.
Oltre al passaggio di consegne, dall’inglese John Monks alla francese Bernadette Segol, dal congresso di Atene esce una Confederazione europea dei sindacati che non rinuncia al movimentismo degli ultimi anni, ma che cerca tuttavia di guardare con maggiore compattezza alla necessità di un coordinamento della contrattazione e a una reale credibilità negoziale. Chissà, forse le parole di Raffaele Bonanni hanno davvero colto nel segno. “Non basta chiedere”, ha pungolato il segretario generale della Cisl nel suo intervento, e soprattutto, “non basta manifestare”. Il messaggio della Cisl alla Ces non lascia dubbi: “Occorre uscire dall’illusione che da sole le mobilitazioni siano sufficienti: sono importanti, ma non sono una strategia”, ha affermato Bonanni. Ed è proprio di strategie (negoziali) che ha bisogno un sindacato europeo che lamenta l’aggressione a salari, pensioni e servizi pubblici da parte di Ue, Bce e Fmi, ma non riesce a dare un seguito concreto alle sue, pur apprezzabili, proposte (eurobond, tasse su CO2 e transazioni finanziarie), limitandosi a rispondere al malumore dei lavoratori con sterili manifestazioni di piazza in qualche (decentrata) capitale d’Europa. L’Etuc, osservano i sindacati italiani e in particolare la Cisl, è un’organizzazione che negli ultimi anni (quelli della crisi per intenderci) ha avuto il merito di sviluppare analisi corrette e approfondite sul rischio default in Europa, e il demerito di non averle sapute utilizzare per costruire delle vere strategie negoziali con Ue e imprenditori. La Ces non ha saputo inoltre né valorizzare, né strutturare le diverse realtà sindacali nei vari Paesi. Secondo i sindacati italiani, l’Etuc non ha saputo creare un “quadro negoziale di sostegno europeo” per aiutare quei sindacati in particolare difficoltà.
Anzi, proprio perché il sindacato di Bruxelles non ha mai negoziato nulla a livello europeo, li ha di fatto indeboliti. Una critica, dunque, tutt’altro che generica.
Che ad Atene lo stesso Bonanni non si è preoccupato di edulcorare: “E’ sorprendente – ha rilevato il segretario della Cisl – che sia stato un imprenditore (il riferimento è a una tavola rotonda organizzata nell’ambito del congresso Ces, ndr) a dirci che la contrattazione può promuovere l’occupazione. Dovrebbe invece essere il primo compito del sindacato creare strategie contrattuali – ha osservato Bonanni – con imprenditori e istituzioni, perché ci sia una risposta adeguata ai bisogni dei lavoratori”. Bisogni, dunque, profondamente disattesi da un sindacato-movimento come la Ces, che in fase di approccio alla strategia congressuale ha mostrato tutti i suoi limiti, oltre a una sostanziale povertà di obiettivi. Contrattazione, concertazione e partecipazione apparivano inizialmente estranee alla cultura Etuc. Cisl, Uil e Cgil hanno fatto il loro lavoro in sede di emendamenti, proponendo un coordinamento più stretto della contrattazione nei diversi Paesi e nei diversi settori, per rispondere con proposte forti al tentativo degli Stati membri di intromissione nella contrattazione salariale nazionale, con l’obiettivo di rendere l’Europa del lavoro più coesa e solidale.
A giocare un ruolo decisivo per una nuova valorizzazione della contrattazione sono state, tuttavia, più le decisioni di Commissione e Consiglio sulla nuova governance europea (il cosiddetto Patto euro plus) che il pressing della delegazione italiana ad Atene. Ad ammetterlo è Luca Visentini (Uil Friuli Venezia Giulia), uno dei nuovi arrivati nella squadra di Bernadette Segol. “Sulla contrattazione siamo riusciti a coagulare il consenso anche dei sindacati più scettici”, ammette il neo segretario confederale della Ces. “Ora – continua – siamo più consapevoli della necessità di un coordinamento contrattuale che consenta di difendere i due parametri fondamentali della contrattazione nazionale di quasi tutti i Paesi: inflazione e produttività nazionale, oltre che decentrata.
Nel primo esecutivo Ces, dopo il congresso, abbiamo detto in maniera molto chiara che la contrattazione è materia autonoma delle parti sociali, e che occorre rilanciare un coordinamento tra le organizzazioni sindacali sulle politiche contrattuali: un salto in avanti incredibile, davvero inimmaginabile fino a sei mesi fa”.
La novità positiva, osservano Cisl, Uil e Cgil è legata al nuovo assetto della segreteria Ces. Bernadette Segol (neo segretario generale) e Patrick Itschert (uno dei due segretari generali aggiunti, l’altro è Jozef Niemiec, storico esponente di Solidarnosc) portano con sé una lunga esperienza in importanti federazioni di settore, rispettivamente servizi privati e tessili. Un punto di partenza non indifferente, è l’auspicio del sindacato italiano, per realizzare una migliore coesione politica e un più concreto sviluppo contrattuale tra le strutture confederali e quelle federali iscritte alla Ces. Restano tuttavia le perplessità per l’approccio neutro che Segol ha mostrato sulla natura istituzionale dell’Europa: una sostanziale indifferenza tra Ue intergovernativa e Ue comunitaria (“ciò che conta, è che sia un’Europa sociale”) che ha deluso soprattutto la delegazione cislina. Nel documento unitario presentato ad Atene (“Per un’Europa federale, solidale e coesa”), Cisl, Uil e Cgil hanno invitato la Ces a non sottrarsi dalle proprie responsabilità nella definizione di un nuovo progetto politico e istituzionale europeo. Solo superando l’attuale dinamica negativa tra gli Stati membri, osservano i sindacati italiani, le rivendicazioni salariali avranno più spazio nelle politiche delle istituzioni Ue e nelle decisioni che si assumeranno.
“Senza una più forte unità politica – si è chiesto Bonanni – chi crederà a questa Unione europea? Né i lavoratori, né i nostri partner mondiali – ha ammesso –, che continueranno a considerarci un vasto mercato passivo e un’area di fruttuosa caccia speculativa contro la nostra moneta”. Un governo realmente europeo, dunque, non potrà che essere “espressione di tutti i cittadini”. Il sindacato di Bruxelles non può restarne equidistante.

Pierpaolo Arzilla
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