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  Case alle giovani coppie di Gerusalemme per arginare l’emigrazione

Data di pubblicazione: Sabato, 2 Luglio 2011

TRAGUARDI SOCIALI / n.48 Luglio / Agosto 2011 :: Case alle giovani coppie di Gerusalemme per arginare l’emigrazione

Mons. Fouad Twal ospite del MCL fiorentino.

Sua Beatitudine Fouad Twal, Patriarca di Gerusalemme, è indubbiamente un personaggio carismatico.
Una vita spesa al servizio della Chiesa intessendo reti di dialogo fra i cristiani e le altre grandi religioni, è un attento conoscitore delle difficoltà che insorgono dalla convivenza fra etnie e religioni diverse. E combatte le distanze fra le persone attraverso un forte pragmatismo e rispetto delle identità, a partire da quella cattolica.
Lunedi 6 giugno S.E.R. Fouad Twal è stato ospite del MCL fiorentino. Accompagnato dal Presidente nazionale MCL, Carlo Costalli, e dall’assistente ecclesiale Mons. Francesco Rosso, il Patriarca ha incontrato l’Arcivescovo di Firenze Mons. Giuseppe Betori. Quindi, nel Salone della Presidenza Provinciale MCL di Firenze, ha ricevuto da Costalli e da Mons. Rosso la prima tranche (di 80mila euro) del contributo che il Movimento ha stanziato, grazie ai fondi del 5x1000, per la costruzione di alloggi da destinare alle giovani coppiecristiane di Gerusalemme.
Per il MCL questo sarà il progetto simbolo del 40° anniversario, che cadrà nel 2012: costruire 80 alloggi per le giovani coppie cristiane che intendono rimanere in Terra Santa. Un obiettivo che il Movimento intende raggiungere anche grazie a una raccolta straordinaria di contributi che lancerà nei prossimi mesi in tutto il territorio nazionale.
La giornata di Mons. Twal a Firenze è stata intensa e ricca di appuntamenti: in serata è stato ospite e protagonista di un importante incontro pubblico tenutosi al Grand Hotel Mediterraneo sul tema “Il dialogo interreligioso in Terra Santa”.
Nonostante il programma impegnativo, S.E.R. Fouad Twal, ha risposto di buon grado alle domande che gli abbiamo rivolto per i lettori di Traguardi Sociali.
Quale è la situazione dei cristiani oggi in Terra Santa?
Credo che possiamo rispondere guardando alla situazione in generale in Medio Oriente, e non necessariamente solo dei cristiani: perché i cristiani non sono un ghetto a parte, rispetto al popolo in cui vivono. Fanno parte di una grande popolazione che nutre le stesse aspirazioni di più pace, più dignità, più libertà. E’ un popolo che vuole più cultura, più sensibilità, e i cristiani rappresentano una bella speranza, una fiducia forte anche per la solidarietà della Chiesa universale e della Chiesa italiana: con la vostra solidarietà, con i vostri pellegrinaggi, con la vostra presenza sul posto, voi date loro una finestra di luce e di speranza, gli fate sentire che non solo soli, non sono abbandonati, e che anzi c’è gente che pensa a loro, che prega per loro… o meglio direi che c’è gente che pensa a ‘noi’ con spirito di solidarietà, di amore e fratellanza. E’ bella questa cosa, ci incoraggia: è una risposta alle tante chiamate fatte dal Santo Padre perché non venga dimenticata la Chiesa di Terra Santa, che oltretutto rappresenta, anche per la Chiesa Madre, la nostra vera radice.
Credo che dobbiate pensare bene a questo, e non essere mai estranei a quanto succede in Terra Santa. Se siamo felici lavoriamo bene per tutta la Chiesa, se stiamo male tutta la Chiesa sta male, così come se la Chiesa Madre sta male tutti stiamo un po’ male.
E il ruolo di Gerusalemme?
Gerusalemme rimane la chiave per la pace di tutto il Medio Oriente, la chiave di questo conflitto che non finisce più. Per questo noi speriamo, preghiamo, ci auguriamo che Gerusalemme ritrovi presto la sua vocazione di città di pace, città madre che accoglie tutti i credenti – che siano cristiani, ebrei o musulmani non cambia – perché tutti siamo figli di Dio: questa è la nostra missione come Chiesa, essere pronti alla massima collaborazione, pronti alla conversione per ritornare a Dio, a noi stessi.
Il progetto della costruzione di case in Terra Santa si inquadra in questo spirito?
Sì, è così. Questo progetto vuole essere una risposta all’emigrazione dei cristiani in conseguenza di una situazione drammatica e difficile. Loro non possono costruire case, non possono lavorare, non hanno libertà di movimento: di conseguenza hanno ovviamente la tentazione di emigrare. Questo progetto è la risposta indispensabile per fermare l’emigrazione o almeno per tentare di arginarla. Una famiglia cristiana che ha un tetto e un lavoro ha più agio nel decidere di rimanere; ma se non si ha un lavoro e non ci si può costruire un’abitazione, è normale che l’unica tentazione che si ha nella testa e nel cuore è quella di emigrare, nonostante tutti i miei incitamenti a rimanere, anche perché da noi le famiglie crescono rapidamente dal punto di vista demografico.
E dal punto di vista lavorativo?
E’ una situazione difficile: Israele non dà il permesso di passare le sue frontiere per lavorare, e dunque la gente rimane là o finisce con l’emigrare in Giordania, o nel Golfo, o in America centrale e latina. Sapete che il Patriarcato Latino copre sia la Giordania sia la Palestina sia Israele sia Cipro: in genere c’è uno Stato e tante diocesi, da noi invece c’è una diocesi e tanti Stati, tanto per complicare ulteriormente la strada dell’unità, che è già di per sé tanto complessa.
In ogni caso, se le persone emigrano in Giordania io mi ritengo già felice perché rimangono nella cura della mia diocesi, mentre se emigrano in America Latina è molto probabile che non tornino più: quindi questo progetto è bello perché è una risposta diretta a un bisogno diretto, forte… di qua ecco la mia gratitudine – e lo dico a voi ma lo dico a tutti sempre, in ogni occasione – per la vostra vicinanza, per la vostra sensibilità e per la vostra risposta adeguata, attraverso questo progetto per il quale tante famiglie che pur non vi conoscono comunque vi ringraziano. E’ vero che si tratta di una goccia in un progetto più ampio che costerebbe tanti e tanti milioni, ma…
Una volta costruite le case vi occuperete anche del mantenimento delle famiglie dal punto di visto lavorativo ed educativo (scuole cattoliche)?
Vede, da noi le scuole non mancano: anzi la nostra carta vincente sono proprio le scuole. Come Chiesa cattolica in tutto il Patriarcato ogni parrocchia ha la sua scuola, e molte arrivano fino alla maturità.
Le scuole quindi sono già assicurate (il Patriarcato da solo gestisce ben 44 scuole con 22mila alunni fra cristiani, musulmani ebrei): sono le case che non sono assicurate. E’ vero che da un lato le scuole creano un deficit economico, ma d’altra parte tutte le vocazioni sacerdotali provengono proprio da queste scuole.
Quindi è un Paese che ha un futuro, perché è un Paese che ha cultura, che ha dei valori, e ha gli strumenti per insegnarli ai propri ragazzi…
La scuola ha un compito fondamentale: oltre che sotto l’aspetto educativo è anche un formidabile strumento di dialogo, un luogo dove la gente si conosce.
Avere un posto dove i bambini possano giocare è il miglior dialogo. Qui noi prepariamo la nuova generazione, la nuova cultura, la pace.

Fiammetta Sagliocca
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