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  Spagna: un voto per il cambiamento

Data di pubblicazione: Sabato, 18 Giugno 2011

TRAGUARDI SOCIALI / n.48 Luglio / Agosto 2011 :: Spagna: un voto per il cambiamento

Zapatero esce sconfitto dalle urne.

Il voto alle elezioni amministrative spagnole del 22 maggio – oltre a lasciare intravedere un prossimo ritorno del Partito Popolare alla guida del governo – ha costituito un grande terremoto.
Nei giorni precedenti la consultazione, partecipando con Carlo Costalli ad alcune manifestazioni elettorali, si avvertiva con determinazione la forza del cambiamento e lo scontento popolare per una gestione fallimentare del Paese da parte del governo Zapatero che, è bene ricordarlo, fu eletto all’indomani della bomba di Atocha a Madrid. Per gli oltre cento morti di quel vile attentato ancor oggi non abbiamo i veri responsabili !
Alcune grandi città e/o regioni sono ora, per la prima volta, governate con maggioranza assoluta dal Partito popolare che, con giovani uomini e donne (è davvero sorprendente la grande quantità di giovani eletti), ha saputo proporre al Paese una prospettiva per uscire dalla più grande crisi che gli spagnoli hanno conosciuto dalla fine del franchismo a oggi: in Spagna c’è stata la scossa e la perdita di Siviglia e Barcellona, paragonabile alla sconfitta della sinistra italiana a Bologna e Firenze.
La ragione di questo sisma non si può ricercare soltanto nella “crisi mondiale”: quella che all’indomani dei governi Aznar sembrava essere “la nuova locomotiva europea” per il XXI secolo, quel Paese che per alcuni “aveva superato l’Italia”, è oggi una società dove i disoccupati sono oltre cinque milioni, dove si sono persi due milioni di posti di lavoro, dove il disavanzo è ormai al 44%.
Forse gli spagnoli si sono stancati e sono delusi.
Forse si sono resi conto che, così come era successo già con il governo di Gonzales, per la seconda volta, l’esperienza socialista si va archiviando consegnando solo disoccupazione e recessione.
Molti osservatori sono stati troppo veloci nell’attribuire a Zapatero – che furbescamente da tempo ha già detto di non ricandidarsi – la responsabilità per una guida che si è affievolita.
Zapatero ha grandi responsabilità ma non è l’unico: non è mai una sola persona il responsabile, con lui è l’intera “proposta socialista” che dimostra, ancora una volta, la sua incapacità nella gestione dell’economia che, se pianificata e ingabbiata, non può mai conseguire obiettivi positivi.
E questo accade anche in Grecia ed in Portogallo.
La crisi spagnola si accentua ancor prima del suo sovrapporsi a quella mondiale del 2008: il “grande modello” va in crisi sotto la spinta di scelte populiste e troppo spesso orgogliosamente “contro” quel patrimonio valoriale così ben sintetizzato da Benedetto XVI con i “valori non negoziabili”.
Zapatero ha perso di vista il “bene comune” ed ha governato la Spagna senza mettere più al centro l’uomo e, in nome di una esasperata laicità, ha minato l’identità del Paese in nome di un modello che ritiene ancora di poter pianificare burocraticamente la crescita, lo sviluppo e la coesione sociale.
Papa Benedetto XVI tra pochi giorni tornerà per la quarta volta in Spagna: l’occasione è data dalla Giornata Mondiale della Gioventù, ma non è un caso che il Pontefice insista con gli spagnoli per riaprire il ragionamento sui valori e sul patrimonio culturale dell’antropologia cristiana.
Il prossimo governo dovrà saper coniugare questi valori insieme a una rigorosa politica economica per ridare fiducia e speranza a tanta gente ed ancor più a quella grande moltitudine di giovani che hanno manifestato, a Madrid come a Barcellona, per richiedere una democrazia più vera e un lavoro. Anche in Spagna la tentazione “grillina” sembra attirare soprattutto tanti giovani ma la proposta qualunquista, che sembra affascinare anche da noi troppa gente, non può rappresentare una concreta soluzione ai grandi problemi del Paese.
Pensando poi alla nostra crisi, alle nostre difficoltà sul e per il lavoro, dovremmo cercare di concentrare gli sforzi verso reali politiche di riforma e lasciar cadere quell’ipocrisia e quella demagogia che vogliono far apparire sempre come responsabile di tutto una sola persona; nel nostro caso “lui”.

Piergiorgio Sciacqua
Presidente del Consiglio Generale MCL
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