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  A Carloforte i 40 anni di sacerdozio di Mons. Rosso

Data di pubblicazione: Martedì, 28 Giugno 2011

TRAGUARDI SOCIALI / n.48 Luglio / Agosto 2011 :: A Carloforte i 40 anni di sacerdozio di Mons. Rosso

A cura di Noè Ghidoni

Ciò che impressiona chi arriva per la prima volta sull’Isola di San Pietro nell’estremo sud-ovest della Sardegna è la dimensione dell’isola, superiore alle aspettative anche se con un unico centro abitato, Carloforte, con quasi 7000 abitanti.
Ci si arriva dopo una traversata con traghetto da Portovesme della durata di poco più di mezz’ora transitando, per arrivare all’imbarco, dalla periferia di Postoscuso noto per la grande centrale Enel e per la presenza di vari impianti di trattamento di metalli non ferrosi parte dei quali provenienti da minerale estratto in loco. Tale settore attraversa un periodo di particolare crisi. E’ zona di grande presenza operaia con le necessità e tensioni che questo può comportare.
Altro elemento di particolare impatto è il dialetto ligure che tutti, anche i bambini, parlano correntemente. Carloforte è, infatti, un’isola linguistica ligure legata alla propria, particolarissima storia che fonda la sua origine proprio a Genova anche se, bisogna dire con sincerità, è rimasto intatto il dialetto ligure antico; ciò che è cambiato nei carlofortini, rispetto alla zona d’origine, è che hanno certamente perso quella tendenza alla “parsimonia” offrendo, al contrario, un atteggiamento di generosità e accoglienza davvero sorprendenti.
La storia di questo estremo lembo d’Italia inizia nel 1541 quando mille liguri vengono inviati dai signori di Pegli sull’isola tunisina di Tabarka con il compito di pescare il corallo.
All’inizio del 1700 diversi motivi tra cui l’incremento notevole della popolazione, le ripetute incursioni dei pirati e la riduzione della disponibilità di corallo convinsero i tabarkini-liguri ad accettare l’invito di Carlo Emanuele III di Savoia a trasferirsi nell’isola disabitata di San Pietro e fondarono Carloforte, chiamata così in onore di Re Carlo. Anche la chiesa parrocchiale fu dedicata a San Carlo. Ma altre sorprese doveva riservare la storia a questo popolo perché alla fine del ‘700 l’isola subì due invasioni, la prima da parte dei francesi e la seconda, ben più carica di conseguenze, ad opera dei pirati tunisini che ripartirono per la loro terra con oltre 800 ostaggi. E’ nel corso di questa prigionia che un piccolo schiavo carlofortino ritrova la polena in legno di una nave raffigurante la Madonna. Dopo cinque anni di schiavitù grazie al rosario quotidiano e all’azione di Carlo Emanuele IV, i carlofortini poterono finalmente riunire la loro comunità che, da allora, si è dedicata al mare, alla costruzione di imbarcazioni (una targa sulla chiesa ricorda la sosta di Nelson per la riparazione di due navi), alla navigazione (c’è un grande istituto nautico), ai trasporti, alla pesca ed in particolare a quella del tonno ancora attiva che fornisce un prodotto di altissima qualità. Una particolarissima devozione è rivolta alla Madonna “dello schiavo” e a quell’immagine lignea proveniente dalla Tunisia conservata in un santuarietto ricavato dalla casa di un sacerdote locale che seguì volontariamente i suoi concittadini in schiavitù. Naturalmente l’ambiente bellissimo e spettacolare, con oasi protette per flora e fauna, favorisce il turismo e la nautica da diporto.
Tutta questa introduzione non serviva a promuovere una visita sull’isola di San Pietro, che certamente vale un viaggio, ma perché a Carloforte è nato Don Checco (Mons. Francesco Rosso), nostro assistente ecclesiastico, che ha pensato bene di invitare i componenti della presidenza a celebrare con lui, tra la sua gente, i 40 anni di sacerdozio.
E’ stata una trasferta breve e costellata di incontri e impegni ma certamente gratificante per tutti con la bella occasione di testimoniare, a nome di tutti, l’affetto nei confronti di Don Checco e la riconoscenza per il suo impegno nel Movimento, nel “suo” Movimento.
Tante le persone che ci ha fatto incontrare, tanti gli impegni: con il Vescovo di Iglesias, Mons. Giovanni Paolo Zedda che ci ha guidati in un momento di preghiera nella sua cappella privata, con il sindaco di Carloforte nella sala del Consiglio comunale, con il presidente della Pro-Loco, con il parroco Don Francesco che ha introdotto la riflessione all’inizio dell’incontro di presidenza.
Non sono mancati gli incontri con la gente, con i tanti cugini, con gli altri familiari di Don Checco ed anche incontri meno….ufficiali con uno dei protagonisti di Carloforte: il tonno. Possiamo assicurare che tutti, sono stati incontri piacevoli.
Altri due sono stati i momenti significativi: la Santa Messa nella chiesetta della Madonna dello Schiavo e la celebrazione centrale di anniversario nella chiesa parrocchiale tirata a festa tra luci e fiori con autorità (con tanto di fasce e gonfaloni), amici e tanta, tanta gente per celebrare questo particolare momento con Don Checco che qui è stato curato per alcuni anni prima di essere parroco, per dieci anni, a Portoscuso in mezzo a quella realtà operaia citata.
Abbiamo sentito i ricordi dei giovani di allora (abbiamo visto foto di Don Checco con tanti capelli!), tutti riconoscenti perché invogliati e spinti all’impegno sociale, civile e politico, a prendersi carico del bene di tutti. E questo è tipico dell’insegnamento di Don Checco.
L’occasione è buona per riformulare a lui, davvero di cuore, il nostro ringraziamento ed il nostro augurio di ogni bene.

Noè Ghidoni
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