NOME UTENTE        PASSWORD  

Hai dimenticato la tua password?

Nell'ultimo numero di Traguardi Sociali:
Traguardi Sociali

Stai sfogliando il n.73 Agosto / Settembre 2015

Rivista in pdf non allegata

  Il XIII Congresso Ces elegge alla sua guida l’italiano Luca Visentini

Data di pubblicazione: Giovedì, 15 Ottobre 2015

TRAGUARDI SOCIALI / n.73 Agosto / Settembre 2015 :: Il XIII Congresso Ces elegge alla sua guida l’italiano Luca Visentini

Ripresa economica, dialogo e diritti sociali le linee guida del Sindacato europeo

Prosegue anche in questo numero la corrispondenza da Bruxelles, curata dal giornalista Pierpaolo Arzilla.
‘Una finestra sull’Europa’ questa volta si occupa del XIII Congresso Ces che ha eletto la nuova squadra destinata a guidare il Sindacato europeo


La Ces riparte da un italiano. Da pochi giorni, Luca Visentini, 46 anni, friulano, area Uil, è il nuovo segretario generale della Confederazione europea dei sindacati, eletto dai delegati del XIII Congresso con il 96,5% dei consensi. La Ces riparte con una squadra giovane, l’età media della segreteria confederale è di 45 anni, e rosa, con quattro donne, di cui una segretaria generale aggiunta.
Visentini non fa mistero dei problemi che hanno scosso, e non poco, il sindacato di Bruxelles negli ultimi quattro anni: la crisi, e la sua gestione votata esclusivamente alle politiche di rigore hanno indebolito non solo la classe media tout court, ma anche le prerogative e le libertà sindacali. “Abbiamo attraversato uno dei peggiori periodi nella storia del sindacato europeo”, osserva il nuovo segretario generale, “ma siamo riusciti a tenere botta e ora siamo pronti per rilanciare il nostro core business: contrattazione, relazioni industriali forti, rafforzamento del nostro potere negoziale, investimenti a favore della crescita per rilanciare la domanda interna, i salari e le pensioni, e ridurre le disuguaglianze. So che nei prossimi quattro anni continueranno gli attacchi al sindacato e ai diritti dei lavoratori, noi dovremo essere capaci di cambiare la posizione negativa nella quale ci troviamo per offrire risultati concreti ai nostri affiliati”.
Le priorità della nuova segreteria confederale sono tre. La prima è la crescita economica in parallelo con la creazione di nuovi posti di lavoro, per “un’economia forte al servizio delle persone”, “e non questa pericolosissima crescita senza occupazione - osserva Visentini - che rischia di creare un’altra bolla speculativa che potrebbe provocare un’altra grave crisi economica”. In che modo? Forzando la Banca centrale europea a promuovere la piena occupazione e la crescita sostenibile e chiedendo, si legge nel Manifesto programmatico di Parigi votato dai delegati, una nuova direttiva europea sul reddito minimo, fondata su principi comuni a tutti gli Stati membri. Spostare la barra verso la crescita e gli investimenti, significa inevitabilmente chiudere la stagione dell’austerità, che ha impoverito gran parte dei cittadini europei e affievolito l’autorevolezza negoziale del sindacato in tutti gli Stati membri. Occorrono inoltre, spiega la Ces, politiche per l’impiego nei settori “verdi”, servizi pubblici forti, un fisco equo, e un forte ridimensionamento delle speculazioni finanziarie. Il sindacato europeo vuole contare esattamente come i governi e i datori di lavoro nella scrittura delle regole economiche, e per questo chiede il suo ingresso nella governance economica, per influenzare il processo decisionale, negoziare il semestre europeo, e dare all’opzione sociale pari dignità negoziale del dato economico.
“Non basta consultarci e poi decidere per conto proprio”, dice il segretario generale della Ces, “sulle cose che ci riguardano direttamente dobbiamo essere in grado di incidere direttamente: gli altri non possono venire a casa mia a dirmi cosa devo fare, se prima non hai discusso con me”.
La seconda priorità del prossimo quadriennio Ces, è il rilancio del dialogo sociale, come elemento fondamentale, e non un ostacolo, per la competitività, la riaffermazione della democrazia economica come strumento per il benessere dei lavoratori, della libertà di associazione e del diritto di sciopero, cioè di quelle prerogative sindacali che le politiche nazionali e comunitarie hanno di fatto messo all’angolo. La Ces chiederà una nuova normativa europea a favore della partecipazione dei lavoratori ai consigli di amministrazione delle imprese europee.
Il terzo pilastro della politica sindacale a livello Ue sarà il rafforzamento dei diritti sociali, con particolare riferimento alla libera circolazione dei lavoratori, sostenuta dalla parità di salario per tutti i lavoratori che effettuano lo stesso lavoro, e l’intensificazione del coordinamento delle politiche sociali, fiscali e lavorative tra gli Stati membri, in particolare nell’eurozona.
In boulevard Roi Albert II (sede della Ces a Bruxelles) l’imperativo dei prossimi quattro anni sarà fondamentalmente legato alla contrattazione e al negoziato. Negoziare, rileva Visentini, per rafforzare, rilanciare e, come nel caso di qualche Stato membro, costruire dal nulla la contrattazione collettiva e la partecipazione dei lavoratori; negoziare per rianimare il dialogo sociale a livello nazionale e comunitario, “creando alleanze con quegli imprenditori intelligenti che, come tali, non pensano che per sostenere la competitività occorre ridurre il costo del lavoro o le prestazioni sociali o aumentare le ore di lavoro”; e negoziare, ancora, per entrare nella stanza dei bottoni della governance economica europea e nel Semestre Ue, “in quelle istituzioni che ormai influenzano ogni decisione a livello nazionale ed europeo”.
E sull’emergenza rifugiati, la Ces chiede la revisione del regolamento di Dublino “per lasciare andare la gente dove vuole” e considera “storico” l’accordo in Consiglio, seppur a maggioranza, del 22 settembre scorso sulla ricollocazione di 120mila profughi, “perché ora la Commissione è in grado di imporre la sua strategia contro quei Paesi che la rifiutano”. Si è calcolato, dice Visentini, “che se prendi tutti i rifugiati, non solo quelli che sono già arrivati, ma anche quelli che sono ancora nei campi in Turchia, Siria, Iraq, e li ricollochi tutti Europa, parliamo quindi di 3-3,5 milioni di persone, la media è di un rifugiato per ogni Paese o villaggio d’Europa. Si tratta dunque di uno sforzo che ci possiamo assolutamente permettere, il che dimostra che la realtà è stata distorta fin dall’inizio e l’analisi del fenomeno è stata sbagliata”.

Pierpaolo Arzilla
 Torna ad inizio pagina 
Edizioni Traguardi Sociali | Trattamento dati personali