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  DOSSETTI E IL SUO IDOLO: LA COSTITUZIONE

Data di pubblicazione: Lunedì, 16 Novembre 2009

TRAGUARDI SOCIALI / n.38 Novembre / Dicembre 2009 :: DOSSETTI E IL SUO IDOLO: LA COSTITUZIONE

LA FIGURA DEL MONACO-POLITICO NEL VOLUME DI GIANNI BAGET BOZZO E PIER PAOLO SALERI

Una figura-chiave per la comprensione della storia politica italiana contemporanea. Il giustizialismo, l’antiberlusconismo, la questione morale,
il mito della resistenza, l’antifascismo come religione civile, la Costituzione come totem sono tra i principali leitmotiv della sinistra di oggi, in gran parte riconducibili alla controversa personalità di Giuseppe Dossetti.
Un’ottima sintesi del pensiero dossettiano è scaturita da “Giuseppe Dossetti. La costituzione come ideologia politica” (Ares, 2009, 271 pp.), di
Gianni Baget Bozzo e Pier Paolo Saleri. Il volume, opera ultima del sacerdote e scrittore genovese scomparso lo scorso maggio, trae spunto da due precedenti saggi dello stesso Baget Bozzo, Costituzione & Politica e Dossetti, il monaco principe, e ne attualizza i contenuti. Sulla scia del “cristianesimo utopico” di Jacques Maritain, Dossetti mosse, nell’immediato dopoguerra, una serrata critica al proprio partito, la
Democrazia Cristiana. Ne contestò la scelta conservatrice, liberista, filo-atlantica e filo-americana che caratterizzò i governi di De Gasperi. Guardava
invece con interesse al pensiero marxista e aveva individuato nel Partito Comunista Italiano, il vero elemento federatore dell’Italia repubblicana,
l’unico soggetto davvero in grado di fare da collante tra il popolo e le istanze avanzate nella carta costituzionale del 1948. Il lato oscuro del catto-progressista Dossetti era però un profondo snobismo nei confronti della volontà popolare, severamente sottomessa al carattere sacrale ed intangibile del trattato costituzionale. Come figura istituzionale Dossetti esce di scena nel 1951, tuttavia la sua corrente politicoideologica attraversa come un fiume carsico l’intera storia repubblicana. Anche dopo il suo ritiro a vita monacale, Dossetti continua ad agire dietro le quinte operando in modo incisivo fino alle soglie della seconda repubblica ed insistendo nel
teorizzare una convergenza tra sinistra democristiana e PCI, che gli anni di piombo, il delitto Moro e la fine del compromesso storico sembravano
aver accantonato per sempre. Fino a Tangentopoli, salutata da Dossetti come la sconfitta epocale di una classe dirigente corrotta ma, soprattutto,
mai sottomessa alla “ideologia della centralità costituzionale”.
La successiva discesa in campo di Silvio Berlusconi, al contrario, fu accolta da Dossetti come il peggiore dei mali possibili, avendo il cavaliere vinto le elezioni politiche del 1994, al fianco di due alleati (MSI e Lega) “eretici” ed eterodossi rispetto all’antifascismo militante. La contrapposizione a Berlusconi di un dossettiano doc come Romano Prodi non ha rappresentato
altro che l’ennesimo tentativo di convergenza delle forze politiche di ispirazione costituzionale. Il fallimento delle due esperienze governative prodiane non ha impedito la nascita di un Partito Democratico che, almeno nelle prime battute, sembrava prendere le distanze da un dossettismo ormai
agonizzante. Il futuro, però, ci potrà riservare sorprese…
LUCA MARCOLIVIO
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