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  CRESCITA DELLE IMPRESE E FORMAZIONE, DUE PRIORITA'

Data di pubblicazione: Lunedì, 16 Novembre 2009

TRAGUARDI SOCIALI / n.38 Novembre / Dicembre 2009 :: CRESCITA DELLE IMPRESE E FORMAZIONE, DUE PRIORITA'

INTERVISTA A LUIGI MARINO, PRESIDENTE DI CONFCOOPERATIVE

Il presidente di Confcooperative Luigi Marino sta - e stabilmente - “al centro”. Di molte e importanti iniziative dal forte impatto ecclesiale, sociale, economico, politico. Tutti gli osservatori di quanto “si muove” dentro i mondi del cattolicesimo sociale e impegnato anche a rinnovare la politica lo sanno. Normale, quindi, quasi scontato, che Marino sia uno degli interlocutori privilegiati del MCL e di Traguardi Sociali. Ecco il perché di quest’intervista che il presidente Marino ci ha gentilmente concesso.
Presidente Marino, il governo ha stanziato discrete risorse per gli ammortizzatori sociali e per chi perde il posto di lavoro, ma la crisi
economica e sociale che stiamo vivendo richiederebbe un vero “Piano Marshall” a favore dei lavoratori e delle imprese, non crede?
E, se dovesse suggerire lei delle proposte, a Tremonti come a Sacconi, su quali interventi strutturali insisterebbe?

«è naturale che tutti vorrebbero di più e che si investissero maggiori risorse,
ma in tutta onestà il governo, nelle varie misure anticrisi adottate, ha fatto quanto poteva. Ha prestato un occhio alla crisi e alla ripresa economica e l’altro alla stabilità dei conti pubblici. Alcuni Paesi europei riescono ad adottare misure che fanno lievitare il rapporto deficit/PIL anche del 20% – 30%, ma avevano dalla loro, in partenza, un indebitamento pari a 1/3 di quello italiano. Adottare le stesse misure in Italia sarebbe una corsa verso il default finanziario. Abbiamo apprezzato: la detassazione degli utili reinvestiti che rappresenta da sempre la nostra proposta; la conferma del riconoscimento della formula d’impresa cooperativa tra le opportunità
per contrastare la crisi e riprendere lo sviluppo; l’ulteriore rafforzamento degli strumenti di ammortizzazione sociale. Noi insistiamo sugli utili da lasciare in impresa. La sottocapitalizzazione marginalizza l’impresa. Le impedisce di accedere al credito o, nella migliore delle ipotesi, glielo consente a condizioni particolarmente onerose. Altre due misure da incoraggiare sono la crescita dimensionale e la formazione. Nel nostro
Paese le imprese non hanno dimensioni congrue e continuano a investire troppo poco».
Nelle intenzioni del ministro Tremonti e del governo, la Banca del Mezzogiorno deve aiutare il credito - oggi strozzato specie per le imprese
del Sud - ma molti economisti, anche di parte liberale e - forse - anche il governatore di BankItalia Draghi preferirebbero altri strumenti, a partire dalle realtà economiche, sociali e cooperative già esistenti. Qual è il suo giudizio?
«
La Banca del Mezzogiorno dovrà agire sulla cultura del fare impresa al Sud, coinvolgendo il sistema delle banche, dei confidi e delle imprese.
Tutti in una maggiore assunzione di responsabilità, ma con uno stretto legame con il territorio. Una dimensione che si è persa nel trasferimento delle sedi decisionali delle banche italiane al Nord. Nel Meridione d’Italia c’è bisogno di un “ascensore societario”, che aiuti le imprese a crescere da piccolissime e micro a piccole e medie e da medie a grandi. Solo così potranno competere nel nuovo sistema globale. Questa funzione deve essere condotta da tutto l’indotto bancario – creditizio. Nutriamo una grande soddisfazione per il riconoscimento e la valorizzazione del ruolo esercitato nel credito dalle nostre Banche di Credito Cooperativo da sempre impegnate in modo libero e autonomo da ogni condizionamento nell’attività di credito con il territorio e il locale».
Si apre una stagione politicamente e socialmente interessante. Il mondo del cattolicesimo sociale è in movimento, soprattutto grazie all’azione e al lavoro del Forum, il MCL sta per andare a Congresso, altre realtà ecclesiali e sociali si “guardano intorno”, anche dal punto di vista dell’agire politico.
Nel frattempo, la Cisl (e la Uil) hanno firmato il Patto del 22 gennaio, con Confindustria e Governo, mentre la Cgil no. Come dovrebbe muoversi, anche in vista di nuovi scenari politici, il Forum delle associazioni cattoliche?

«Come ha fatto finora. Continuare, in modo libero e autonomo, a dare voce
ai cattolici impegnati laicamente nella società, nell’economia e nel lavoro.
I cattolici hanno costruito l’Europa e da sempre, anche con il contributo delle imprese cooperative, danno il loro contributo a umanizzare l’economia. L’Enciclica Caritas in Veritate rilancia questa nostra missione e ci affida il compito di continuare a impegnarci, perché si assiste alla continua dismissione da ogni tipo di responsabilità. Essere cristiani vuol dire lavorare incessantemente per lo sviluppo. Noi cattolici siamo e dobbiamo continuare a essere portatori di sviluppo crescente attraverso l’innovazione, l’internazionalizzazione e la fraternità».
Il Forum delle associazioni cattoliche parla diffusamente, e da mesi, di democrazia economica e welfare. Come si possono tradurre questi principi di fondo in attività politica e legislativa? Attraverso, cioè, quali strumenti?
«Rimettendo impresa e famiglia al centro del modello economico. Se il
presidente Obama continua nei suoi moniti, come anche a Pittsburgh, vuol dire che la repubblica internazionale della speculazione e dei profitti fini a se
stessi vuol tornare a suonare il proprio spartito che porta a privatizzare gli utili e a far ricadere le perdite su tutti. Si continua a parlare sempre più di etica, ma per un’economia più etica non servono codici se poi non si rispettano le regole. L’etica va tradotta con comportamenti reali in economia
».
L’enciclica di Papa Benedetto XVI Caritas in Veritate pone al mondo civilizzato e industrializzato domande pressanti e ineludibili, a partire dalla considerazione sui guasti prodotti dallo sviluppo capitalistico fino a un’idea ‘altra’ di mercato. Come si possono conciliare le alte e ricche riflessioni introdotte dal Papa con la realtà economica e sociale di Paesi del G8 oggi in crisi?
«Portando più etica nell’economia, cioè evitare le speculazioni finanziarie
fini a se stesse che vengono pagate, nel mondo della globalizzazione,
anche da chi opera su mercati apparentemente lontani ed estranei. Conferire più umanità all’economia, cioè disegnare modelli d’impresa
che mettano la persona al centro, come fanno le cooperative, e per certi versi le imprese artigiane, che guarda caso soffrono, ma rispondono in
modo diverso alla crisi. Puntare sul pluralismo d’impresa. Si assiste a un’omologazione, all’impresa a taglia unica. è una tendenza diffusa in
Europa e nel mondo. La Caritas in Veritate esprime la necessità di “radicare accanto all’impresa orientata al profitto quelle organizzazioni che
perseguono fini mutualistici e sociali”. E il mondo delle cooperative si riconosce pienamente in questa funzione».
ETTORE MARIA COLOMBO
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