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  La politica torni ad ascoltare i corpi intermedi

Data di pubblicazione: Mercoledì, 2 Ottobre 2019

TRAGUARDI SOCIALI / n.95 Settembre / Ottobre 2019 :: La politica torni ad ascoltare i corpi intermedi

Intervista all’europarlamentare Massimiliano Salini

In pratica è un predestinato della politica, Massimiliano Salini, 46 anni, di Soresina, Presidente della Provincia di Cremona dal 2009 e poi, dal 2014, europarlamentare del PPE (rieletto al secondo mandato, nel 2019, con 37mila preferenze). L’On. Salini ha percorso fin dai primi anni della sua vita tutte le tappe necessarie a costruire un cursus honorum di tutto rispetto: laureato in giurisprudenza, già a partire dagli anni del liceo e dell’università ha svolto attività politica nell’ambito delle rappresentanze studentesche. La naturale concretezza, la cultura e i valori trasmessigli dalla famiglia d’origine, come egli stesso riconosce, hanno alimentato in lui la spinta a fare qualcosa di concreto per poter contribuire al miglioramento della società.

Con lui, a margine del convegno di Senigallia, abbiamo parlato di Europa, di cattolici e di politica.

Tra i motti della sua campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento europeo, lei faceva (giustamente, a nostro avviso) riferimento al fatto che “l’Italia deve poter contare sull’Europa”, ma anche che “l’Europa fa bene all’Italia”. A pochi mesi dal voto europeo, qual è il suo primo bilancio sulla nuova Europa? Possiamo considerare ormai superate le spinte sovraniste e populiste che hanno animato il dibattito elettorale in Italia, e non solo? O è un pericolo tuttora reale che minaccia il progetto unitario europeo?
Il problema del rapporto con l’Europa non è descritto tanto dalla minaccia sovranista: questa è una minaccia che certamente riguarda l’Italia, ma in Europa i sovranisti sono sostanzialmente irrilevanti in Parlamento mentre in Consiglio hanno, certo, potere di veto laddove c’è da assumere decisioni all’unanimità, ma non sono in grado di costruire quella ‘nuova Europa’ di cui parlavano, perché un conto è ‘bloccare’ e un conto è ‘costruire’.
La vera minaccia che mette a repentaglio la possibilità di protagonismo dell’Italia in Europa rimane, come in passato, la deriva tecnocratica che ancora una volta ha caratterizzato la definizione della nuova governance europea: noi dobbiamo ri-animare una cultura popolare che metta al centro l’uomo, la persona e la sua libertà e chiedere, in primis al Ppe, di recuperare questa sua natura, spesso ormai nascosta sotto tattiche molto, molto di retroguardia.

In questa estate dai continui cambiamenti di fronte sul piano della politica interna italiana, abbiamo assistito nostro malgrado alle evoluzioni di una politica dei palazzi sempre meno attenta al bene comune e alla rappresentanza degli interessi generali, e più concentrata invece sui piccoli tornaconti personali e di immagine. Qual è la sua prima valutazione?
In Italia c’è un dibattito politico che si è bloccato intorno a una strana vicenda che era quella del governo giallo-verde: una ‘stortura’ consentita dalla democrazia parlamentare ma oggettivamente contraria all’espressione della volontà popolare. Purtroppo abbiamo tentato di superare questa stranezza con una stranezza ancora più grande: con un governo, cioè, composto da due forze politiche forse più vicine tra loro dal punto di vista culturale, cioè di sinistra, comunque due forze non scelte dagli italiani per governare il Paese. Allora il problema dell’Italia è, non dico la morte, ma di certo una forte malattia del concetto di rappresentanza. Abbiamo una democrazia che funziona male e che tiene distaccato il popolo dalle decisioni di cui si parla: non che questo fatto ci debba indurre a chiedere votazioni ogni anno, ma dovrebbe piuttosto invitare la politica ad assumere un linguaggio più adeguato e comprensibile al popolo, e perché questo accada, ci vuole un colpo di reni dei moderati: il popolo dialoga con la politica quando al centro della politica c’è il bene comune, ossia quel contenuto che entro la battaglia culturale e politica italiana ha sempre caratterizzato l’impegno dei cattolici.

I cattolici e la politica: un argomento che presenta luci ed ombre. Cosa si può fare, a suo avviso, per far sì che i cattolici escano dal terreno dell’irrilevanza politica e tornino invece a far sentire la propria voce e i propri ideali influenzando le scelte della politica?
Bisogna che la politica, come è stato detto in questi giorni dal MCL, ricominci ad ascoltare i corpi intermedi. Ci sono due modi per ascoltare il popolo: uno è farlo votare, l’altro è ascoltare i corpi intermedi. Il paradosso è che questi ultimi due governi hanno fallito su entrambi i fronti: cioè non sono stati votati e non hanno ascoltato i corpi intermedi.
I corpi intermedi parlano un linguaggio che è quello con cui classicamente il mondo cattolico ha sempre messo con le spalle al muro la politica.

Nei giorni del convegno ciellino di Rimini, il MCL, insieme ad “Esserci” di Giancarlo Cesana, ha avanzato l’idea della creazione di un contenitore politico unico dei cattolici italiani, fondato sulla valorizzazione del popolarismo europeo. Progetto che ha incontrato anche il suo favore: ci vuole dire qualcosa in più?
Bisogna parlare di nuova agenda politica dettata dai cattolici e dai liberali uniti, in modo tale che il problema non sia ancora una volta una discussione tattica intorno al futuro del centrodestra, ma si apra una discussione di contenuto attorno alla presenza della tradizione cattolico-liberale-riformista nel dibattito italiano. Non si discute della presenza qualificata dei cattolici in politica mettendo a tema la creazione di un possibile partito dei cattolici, ma si discute della presenza dei cattolici in politica mettendo a tema un’agenda che tratti bene la tradizione cattolica di questo Paese. Tra i partiti esistenti c’è qualcuno in grado di trattare bene questo tipo di agenda? Bene, noi saremo con loro. Se tra i partiti esistenti nessuno è pronto a farlo, allora ci metteremo nelle condizioni di dotarci di uno strumento che ospiti quest’agenda.

Intanto sul piatto della politica italiana abbiamo un governo M5S – Pd … cosa ci dobbiamo aspettare?
Questo è un governo che tamponerà il dramma del rapporto con l’Unione Europea, in prima battuta negoziando attraverso persone che nell’ambito negoziale hanno certamente notevoli capacità (come il Ministro Gualtieri, come Gentiloni nella sua qualità di Commissario Ue all’economia, come Amendola delegato ai rapporti con l’Ue, ecc.).
Tuttavia questo è un governo che gira le spalle a quell’idea di uomo che ha fatto grande l’Italia: un governo che si fonda su posizioni economiche di tipo statalista, un governo che si fonda su posizioni culturali di tipo relativista, un governo che tratta i diritti come fossero capricci, un governo che non è strutturato per governare un Paese grande come l’Italia, un governo che, quindi, tamponerà i danni nell’immediato ma che alla fine dovrà lasciare spazio alla manifestazione libera della volontà dei cittadini in modo tale che – io mi auguro – le forze liberali e cattoliche tornino ad avere la meglio e a governare questo Paese.

Fiammetta Sagliocca
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