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  Un Def inutile

Data di pubblicazione: Venerdì, 24 Maggio 2019

TRAGUARDI SOCIALI / n.94 Maggio / Giugno 2019 :: Un Def inutile

Politica e società

Nel modello economico al quale fanno riferimento gli esponenti del Governo gialloverde la produttività e l’innovazione non contano. Mentre la crescita del Pil dipende esclusivamente dalla spesa pubblica: meglio se in deficit ma in questo modo a crescere sarà solo il debito pubblico. Nello specifico credono che l’economia possa essere rappresentata da un modello, nel quale tutte le variabili sono indipendenti tra loro e dove tutto resta costante. Più precisamente in un siffatto mondo, la disciplina di bilancio imposta da Bruxelles diventa una inutile gabbia, visto che i tassi d’interesse sui titoli di Stato non dipendono dagli equilibri di bilancio e la capacità dello Stato di finanziare la spesa pubblica prevista non dipende né dai tassi d’interesse né dall’ammontare della tassazione. Partendo da queste premesse del tutto irrealistiche ne hanno fatto derivare le priorità economiche del governo e le hanno inserite nel Documento di Economia e Finanza (Def). Dove sono contenuti gli obiettivi di politica economica dell’Italia, le stime sull’andamento delle finanze pubbliche e dell’economia nazionale e le riforme che il governo intende attuare.
Nello specifico, seguendo le indicazioni del loro modello nel quale, come si diceva sopra, la produttività e l’innovazione tecnologica non contano, il governo gialloverde s’è concentrato su provvedimenti finalizzati a far uscire le persone dal mondo del lavoro piuttosto che puntare su un impiego più efficiente del lavoro e del capitale nei processi produttivi. Quota 100 ed il reddito di cittadinanza, infatti, vanno in questa direzione.
Pertanto si aspettano due risultati. Da un lato la maggiore spesa pensionistica ed il reddito di cittadinanza stimoleranno i consumi che, unitamente ad un moltiplicatore della spesa maggiore di uno, faranno crescere il Pil; dall’altro, invece, i prepensionamenti liberando posti di lavoro faranno crescere l’occupazione. Queste almeno erano le speranze ma dalla naDef (nota di aggiornamento del Def 2018) al varo del Def c’è stato un ridimensionamento delle aspettative di crescita del Pil.
Vediamo meglio. Nel Def il governo Conte sposta di nuovo zeri e virgole: il deficit passa dal 2,04% al 2,4% mentre la crescita del Pil dal 1,0% al 0,2%. E dice a chiare lettere che nel 2019 avremo: più disavanzo di bilancio, un rapporto debito pubblico/Pil più alto, più tasse, meno occupazione ed un effetto praticamente nullo del Reddito di Cittadinanza e Quota 100.
Naturalmente nel DEF non c’è nessuna spiegazione del perché si è passati nel giro di sei mesi dalla crescita al ristagno. Nel DEF poi sono scomparsi anche gli effetti espansivi della spesa in deficit via moltiplicatore maggiore di uno auspicati da tutti gli esponenti del Governo. Che valore assume il moltiplicatore?: 0,4 per il 2019 e 0,8 per l'anno prossimo. Per far sì che la manovra in deficit sognata dai nostri eroi si ripaghi con la crescita del Pil è necessario un moltiplicatore vicino a 2, visto che il livello della pressione fiscale reale è vicina al 50% del Pil. Di conseguenza utilizzando i numeri forniti dal Governo nelle tabelle del DEF con un moltiplicatore minore di uno la spesa in deficit farà solo aumentare il debito pubblico.
La politica fiscale, unico strumento in mano al Governo, è utilizzata nel peggiore dei modi: solo come specchietto delle allodole per confondere gli elettori ed aumentare i consensi. V’è, infatti, una riduzione della tassazione che non ottimizza il sistema fiscale né lo rende efficiente visto che introduce svariati effetti “soglia”: con una marea di riduzioni dei carichi fiscali e previdenziali su lavoratori autonomi, piccole imprese e redditi inferiori ai 50mila euro, che nella sostanza incentiveranno ancora di più l’elusione e l’evasione da parte dei contribuenti e avranno un impatto quasi nullo sul tessuto produttivo. Bisognava ridurre il cuneo fiscale ma anche questa volta s’è persa l’occasione.


Marco Boleo
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