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Stai sfogliando il n.94 Maggio / Giugno 2019
“La pace non è tutto, però senza la pace tutto è niente” |
Data di pubblicazione: Domenica, 2 Giugno 2019
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Intervista al Prof. Franjo Topic
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L’uomo pieno di qualità: si potrebbe definire così, parafrasando il titolo del celeberrimo romanzo di Musil, il Prof. Franjo Topic. Non è un prete qualunque: teologo, scrittore, giornalista, conferenziere, docente. Ma soprattutto uomo di pace, che si è battuto strenuamente durante gli anni cruenti della guerra in Bosnia Erzegovina, per aiutare chiunque ne avesse bisogno: ha aperto le sacrestie e le ha offerte come rifugio a quanti ne avevano necessità, cristiani, musulmani, protestanti. E oggi è un personaggio molto apprezzato e benvoluto, non solo per gli importanti incarichi ricoperti anche in ambito ecclesiastico ma soprattutto per le sue grandi doti umane. A luglio lascerà la Presidenza di Napredak, che guida dal 1990, destinato ad altri importanti incarichi, dicono i beninformati. A lui, da anni amico personale del MCL e del Presidente Costalli, abbiamo rivolto alcune domande per i lettori di Traguardi Sociali.
Prof. Topic, una delle sue espressioni preferite, ormai pienamente entrata nei nostri cuori, è: “non c’è guerra santa, c’è solo la pace santa”. Eppure la storia ci mostra che in nome delle religioni si sono combattute guerre sanguinarie e compiute stragi efferate, nel passato come ai nostri giorni. Qual è il suo punto di vista di teologo? Sì, e accanto a questa frase ce n’è un’altra che spesso ripeto: “La pace non è tutto, però senza la pace tutto è niente”. Il mio punto di vista di teologo coincide pienamente con la mia posizione personale: occorre promuovere incessantemente un’architettura della pace. Recentemente noi abbiamo vissuto la guerra con tutte le sue tragiche conseguenze. La pace, dal punto di vista teologico, è un dono di Dio affidato a tutti noi. Però per la pace, come per tutto il bene, nella vita ci si deve impegnare. Purtroppo, i fatti concreti, anche quelli più recenti, mostrano chiaramente come tale visione sia stata via via dimenticata con conseguenze e divisioni laceranti per l’intera umanità. Occorre impegnarsi per costruire ponti tra religioni, culture, nazioni, idee e visioni del mondo contrastanti. Tutto ciò rappresenta un’opportunità anche per la stessa teologia che spesso viene intesa, erroneamente, solo come una parte isolata e astratta, che non ha molto a che fare con la vita concreta. Per quanto mi riguarda, invece, io cerco tramite la mia fede e la teologia di mettere in pratica questi principi, lavorando nel campo della cultura e del sociale, attraverso l’associazione Napredak (che vuole dire ‘progresso’). La teologia che esce da se stessa e dalle proprie riflessioni per rimboccarsi le maniche e costruire ponti fra le “sponde diverse” potrebbe essere il nuovo paradigma teologico contemporaneo. Le religioni non possono tirarsi indietro rispetto alla promozione della pace nel mondo contemporaneo. Come diceva il teologo Hans Kung: “Non c’è pace fra le nazioni senza pace fra le religioni”.
A più di vent’anni dalla fine della guerra in Bosnia Erzegovina, che ha lasciato ferite tali che non basteranno generazioni per risanarle, qual è il suo bilancio sulla ricostruzione del tessuto sociale? La Bosnia Erzegovina spesso viene definita come uno “Stato fragile”, ossia uno Stato in cui si corrono elevati rischi di varia natura, che si caratterizza per l’insufficiente capacità di gestire lo status quo. La fragilità della Bosnia Erzegovina assume diverse forme: economica, ambientale, politica, sociale e sul piano della sicurezza. D’altro canto, malgrado le tante difficoltà, si registrano progressi significativi per quanto riguarda la ricostruzione del tessuto sociale. Si tratta ancora, però, di iniziative per lo più individuali e non ancora istituzionalizzate. Occorre, quindi, cercare nuovi modi per inserire le buone prassi nel sistema normativo, nelle consuetudini e nelle leggi. Le religioni, assieme agli attori culturali, possono e devono dare il loro contributo: lo dobbiamo alle future generazioni!
Quale futuro intravede per la Bosnia Erzegovina in Europa, anche alla luce del rinnovo dei vertici di tutte le istituzioni europee? Bosnia ed Erzegovina rappresentano una realtà multireligiosa, in cui coesistono 3,5 milioni di abitanti dei quali il 50% è di fede mussulmana (bosniaci), il 30% ortodossa (serbi) e il 15% cattolica (croati). L'allargamento dell'Unione europea, che noi auspichiamo con convinzione da tempo, servirebbe, in primis, alla Bosnia Erzegovina, che potrebbe così finalmente avviare un percorso di adeguamento legislativo: molte leggi vigenti infatti, per esempio quelle relative ai diritti umani, sono ancora lontane dagli standard legislativi europei. L’ingresso in UE rappresenterebbe quindi per noi una chance per fare un salto qualitativo istituzionale che avrebbe senz’altro effetti positivi per la vita dei nostri concittadini. La stabilità reale e politica, la pace duratura, la prosperità economica: sono questi i più grandi desideri dei nostri concittadini. All’interno di un contesto stabile, quale l’Unione Europea, potrebbero emergere molte cose positive per le persone. C’è da sperare che i vertici europei siano abbastanza lungimiranti da perseguire senza tentennamenti il disegno dell’allargamento in favore della Bosnia (tailor-made approach, ossia con un approccio mirato), che abbia la capacità di unire fra loro le diversità. Ritengo che senza la pace in Bosnia Erzegovina non vi potrà essere pace nemmeno in Europa. Perché se sul corpo c’è una ferita, è tutto il corpo a soffrirne.
Recentemente lei è stato insignito del premio individuale della città di Sarajevo 2019 per i significativi contributi nel campo della cultura e dell’arte. Un premio prestigioso, consegnato nel corso di una cerimonia solenne davanti al Consiglio comunale della città di Sarajevo, il 6 aprile scorso: un premio che rappresenta un riconoscimento ma anche al tempo stesso una responsabilità per il futuro. Cosa ne pensa? Il premio menzionato rappresenta un riconoscimento importante per me e i miei familiari, ma ancor più è il riconoscimento alla chiesa locale, al Seminario maggiore dove abito, alla Facoltà di Teologia Cattolica in cui insegno, e a Napredak. è una bella sensazione quella di essere premiato unanimemente dalla giuria “per i significativi contributi nel campo della cultura e della società”. Si noti, peraltro, che la maggioranza assoluta nella giunta della città non è composta da cattolici né da appartenenti a un unico Partito. Questo Premio è per me il frutto di un lungo percorso durante il quale non ho mai negato la mia identità e, al tempo stesso, ho sempre tentato di rispettare e valorizzare l’identità altrui. Il Premio città di Sarajevo 2019, onora e valorizza il tipo di vita che continuo a vivere di giorno in giorno.
Napredak, l’associazione culturale croata di cui lei è presidente dal 1990, sta lavorando alacremente e su vari fronti per cercare di costruire ponti di pace, attraverso il dialogo e l’amicizia. Un compito fondamentale per un futuro di pace, che è anche la sua personale missione. Ci descrive meglio le tante attività che svolgete? Napredak è un’associazione sui generis. Difficile descriverla in modo sintetico e comprensibile per i lettori italiani, quindi mi soffermerò solo su alcuni punti significativi. Fondata nel 1902 per aiutare gli studenti, Napredak, grazie anche alle sue sette case per gli studenti, ha dato aiuti concreti e migliaia di borse di studio. Fra i borsisti ci sono molti personaggi noti nel nostro Paese, fra gli altri anche due premi Nobel: Ivo Andrić e Vladimir Prelog. Napredak si è sempre occupata del lavoro culturale nel senso più ampio. Oggi abbiamo 65 filiali in Bosnia Erzegovina e in altri Paesi, ben 40 corali, orchestre, pubblichiamo tre periodici, abbiamo una squadra di calcio in serie C, tre squadre di scacchi in serie A, una biblioteca fornita di 40.000 libri. Non solo: quest’anno abbiamo elargito 35 borse di studio del valore di 35.000 euro. Napredak nel 2017 ha organizzato 518 manifestazioni culturali. Là dove c’era disordine e discordia, Napredak ha sempre cercato di unire. La nostra associazione è composta non solo da croati, ma anche da serbi e mussulmani. Posso dire con una certa soddisfazione che le attività di Napredak sono a misura di essere umano. Cerchiamo sempre di orientare le nostre attività verso le categorie più deboli: in primis i giovani, in favore dei quali, negli ultimi 29 anni, abbiamo stanziato più di 3.000 borse di studio. Napredak, insomma, cerca di colmare le lacune causate dalle fragilità presenti nella nostra società. Lo fa, grazie a Dio, con successo e raccogliendo riconoscenza. Napredak è un grande progetto di ecumenismo e di dialogo. Questo lo sa bene il MCL, con a capo il presidente Carlo Costalli con il quale collaboriamo ormai da anni. E proprio grazie agli aiuti del MCL abbiamo potuto costruire una casa per il dialogo sul monte Trebević, vicino Sarajevo. Adesso quattro ragazzi italiani, tramite MCL e Napredak, stanno svolgendo il servizio civile a Sarajevo.
Fiammetta Sagliocca
CHI è FRANJO TOPIC Nato il 13 marzo 1953 a Novi Travnik, in Bosnia Erzegovina, Franjo Topic si è laureato in teologia nella facoltà di Sarajevo nel 1977: un anno prima era stato ordinato sacerdote. Dopo aver conseguito nel 1985 il dottorato all’Università Gregoriana di Roma il Prof. Topic si è a lungo dedicato all’insegnamento: Ecclesiologia all’Istituto di teologia di Vrhbosna, poi Storia e dottrina delle Religioni, Storia e dottrina dell’lslam, Teologia ortodossa, Ecumenismo e Credibilità della rivelazione cristiana. Membro del settimanale Glas koncila e dei Consigli per la cultura e per il dialogo interreligioso della Conferenza Episcopale della Bosnia Erzegovina; del Comitato Internazionale “Islam nell’Europa” (CCEE) e della Conferenza delle Chiese Europee Evangeliche (KEK). Autore di libri e articoli, dal 1990 è presidente della Società Culturale Croata “Napredak”. E’ stato presidente del Movimento Paneuropeo dal 1995 al 2010 e membro della Commissione teologico-storica per la celebrazione del Grande Giubileo dell’anno 2000. Membro della Commissione internazionale del Vaticano per Me ugorje nonché consigliere dell’ambasciata di Bosnia Erzegovina dell’Ordine Sovrano di Malta. Nel 1995 gli è stato conferito il premio internazionale “Titus Brandsma” dalla Società internazionale della stampa cattolica di Ginevra (UCIP), con la seguente motivazione: “nei suoi scritti e nelle sue pubblicazioni lavorava, in condizioni difficilissime, per realizzare l’umanesimo e lo spirito cristiano”.
CHE COS’è NAPREDAK HKD Napredak ha oltre 20.000 membri, distribuiti in 64 filiali e 3 consigli in Bosnia-Erzegovina, Croazia, Montenegro, Austria, Germania, Canada e Stati Uniti. La società pubblica tre riviste: Hrvatski glasnik (Tuzla), Napredak (Travnik) e Bobovac (Vareš). A Sarajevo, nel 2003, è stata restaurata la biblioteca ‘Mijo Poljak’ che oggi ospita oltre 40.000 libri. Nel 2006, a Garevac (Modri a), Napredak ha fondato la Open House Foundation – Centro di dialogo per la pace e la cultura. All’interno di Napredak sono attivi 12 gruppi folcloristici, 9 orchestre di tamburitza e mandolino, 16 cori e oltre 29 diverse sezioni fra teatro, arte, musica, ecologia, studenti e sport. Inoltre, fanno parte dell’associazione il Centro Culturale Napredak a Zagabria, l’Associazione per artisti Napredak HKD a Sarajevo, il club di scacchi Napredak a Sarajevo, SC Napredak a Zenica, il club di bocce Napredak-Willa a Sarajevo, FC SAŠK 1910 Napredak a Sarajevo, la società croata di alpinismo Bjelašnica 1923 a Sarajevo e il PD Napredak a Zagabria. Il club di calcio Odžak e il club di calcio Bu i (Novi Travnik) portano il nome di Napredak. In totale, sotto l’ala di Napredak sono attive 66 diverse bande, con gruppi e sezioni. Dal 1990 ad oggi HKD Napredak ha organizzato 9446 diversi programmi culturali. Sono state concesse oltre 2890 borse di studio e sussidi. |
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