NOME UTENTE        PASSWORD  

Hai dimenticato la tua password?

Nell'ultimo numero di Traguardi Sociali:
Traguardi Sociali

Stai sfogliando il n.62 Dicembre 2013

Leggi la rivista in formato pdf Cerca numeri arretrati in archivio
.PDF Numero 62 (2384 KB) Sfoglia l'archivio di Traguardi Sociali Sfoglia l'archivio di Traguardi Sociali

  Europa: lo spettro dell’assenteismo

Data di pubblicazione: Sabato, 16 Novembre 2013

TRAGUARDI SOCIALI / n.62 Dicembre 2013 :: Europa: lo spettro dell’assenteismo

I Partiti si preparano alle Elezioni Europee

Prosegue anche in questo numero la corrispondenza da Bruxelles, curata dal giornalista Pierpaolo Arzilla. ‘Una finestra sull’Europa’ questa volta si occupa delle prossime elezioni europee, fissate per la fine di maggio del 2014 e dei fermenti in casa PPE e S&D

L’Europa ha paura dell’astensione. A sei mesi dal voto sembra infatti che la principale preoccupazione dei notabili di Bruxelles non siano più quelle forze nazionaliste o populiste in grado di fare “il pieno” di consensi alle prossime Europee, ma il partito del non voto. Un’astensione massiccia (e arrabbiata) e delusa da un moloch europeo ormai considerato un ostacolo allo sviluppo, una massa burocraticamente perfetta che come tale impedisce all’economia di crescere.
I mesi che separano i 28 Stati membri dal voto per il rinnovo del Parlamento europeo, con la conseguente designazione del presidente della Commissione europea e dei commissari e del presidente del Consiglio europeo, saranno dunque delicatissimi, per evitare una debacle. L’Europa, già in crisi di credibilità, rischia davvero di registrare il minimo storico di popolarità. Ma è l’Unione europea, come ha detto di recente l’ex presidente Ppe del Parlamento europeo, il polacco Jerzy Busek, “la soluzione alla crisi, non la causa”. I politici Ue hanno sei mesi di tempo per dimostrare che è davvero così, e la strada è tutta in salita. Secondo molti sondaggi, infatti, gli europei non credono a quanto vanno dicendo Commissione e Banca centrale europea, e cioè che la ripresa economica è già in atto e che sarà meno fragile nel 2014. La maggioranza dei cittadini Ue si dice convinta che le diseguaglianze e i problemi economici aumenteranno anche l’anno prossimo, e che queste diseguaglianze influiranno pesantemente sull’affluenza alle Europee del 22-25 maggio 2014. Le elezioni di cinque anni fa, va ricordato, fecero registrare la partecipazione più bassa dal ’79, anno del primo suffragio Ue: andò a votare solo il 43% degli aventi diritto.
Uno smacco autentico, e la crisi economica era appena cominciata.
Intanto il Ppe saluta il suo nuovo presidente, il francese Joseph Daul, già capogruppo Ppe al Parlamento Ue, che prende il posto di Wilfried Martens scomparso lo scorso ottobre. “Darò il mio meglio per continuare lo straordinario lavoro di Martens – ha affermato Daul – e la mia presidenza si baserà su tre principi: unità, continuità e responsabilità”.
“Darò tutto me stesso – aggiunge – per convincere i cittadini a votare per un’Europa che sarà davvero al servizio dei cittadini”. Daul conferma poi l’impegno preso dal Ppe al congresso di Bucarest del 2012, di lanciare una campagna elettorale europea che sarà guidata dal candidato alla presidenza della Commissione europea, che sarà scelto dal prossimo congresso in programma a Dublino il 6 e 7 marzo 2014. Un impegno che sembra, dunque, spegnere una polemica piuttosto imbarazzante, proprio perché tutta interna al Ppe e alle stesse istituzioni Ue: quella tra Josè Manuel Barroso e Herman Van Rompuy. Il presidente della Commissione europea (e vicepresidente Ppe), infatti, ha in più di un’occasione invocato i partiti europei presenti a Strasburgo a designare ufficialmente il loro candidato per i posti più importanti delle istituzioni Ue (e quindi non solo la Commissione, ma anche Consiglio e Parlamento), il che permetterebbe ai partiti stessi “di avere un programma e una piattaforma chiari attorno a candidati comuni”. Si eviterebbe così, è il ragionamento di Barroso, di ridurre le Europee a 28 campagne elettorali differenti, e si darebbe al voto un respiro davvero comunitario.
Di avviso opposto, invece, il presidente del Consiglio Ue (e vicepresidente Ppe), Herman Van Rompuy: quella del candidato designato da ciascun partito europeo “non è la panacea per ritrovare la credibilità dell’Europa”, afferma l’ex premier belga.
“Non bisogna cercare soluzioni per problemi che non esistono”, spiega Van Rompuy, “e la soluzione non è trovare ‘facce’ in grado di guidare l’Unione europea. I nostri problemi – continua – non sono istituzionali, perché i trattati ci consentono di fare molte cose, e secondo il Trattato di Lisbona, in vigore dal 2009, il presidente della Commissione europea deve essere scelto tenendo conto dei risultati delle elezioni europee”.
Se il Ppe riflette, il gruppo dei Socialisti e Democratici (S&D, ex Pse) pare proprio non avere dubbi. Primarie o no, sarà il tedesco Martin Schultz, attuale presidente del Parlamento Ue, il candidato del centrosinistra europeo alla presidenza di Palazzo Berlaymont (sede della Commissione europea). “Voglio raddrizzare l’Europa”, ha detto Schultz in una recente intervista al quotidiano le Monde. “Gli sviluppi attuali mi preoccupano: aumenta la sfiducia tra cittadini e istituzioni, europee o nazionali che siano, le persone hanno l’impressione che questa Europa sia sempre più diseguale e ingiusta e che non mantenga le promesse”. L’obiettivo S&D è miscelare l’austerità con un progetto di rilancio economico che passi per investimenti strategici (occupazione giovanile, energia, politiche industriali) e rilancio del credito a imprese e famiglie. “I Paesi hanno salvato le banche – osserva Schultz – ma queste sono ancora molto reticenti nel foraggiare, come dovrebbero, l’economia reale.
L’unione bancaria deve risanare le banche, ma anche rivitalizzare i prestiti alle imprese, perché è la mancanza di crediti che impedisce ai Paesi di uscire dalla crisi”.

Pierpaolo Arzilla
 Torna ad inizio pagina 
Edizioni Traguardi Sociali | Trattamento dati personali