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  Sostenere il Governo delle larghe intese per fare le riforme

Data di pubblicazione: Giovedì, 28 Novembre 2013

TRAGUARDI SOCIALI / n.62 Dicembre 2013 :: Sostenere il Governo delle larghe intese per fare le riforme

A Roma un Convegno con il Ministro Gaetano Quagliariello

Il titolo del convegno organizzato da Mcl e Fondaione ‘Europa Popolare’ (“La riforma della Costituzione: un nuovo patto tra popolo e istituzioni”) che ha visto, lo scorso 6 novembre 2013, una fitta presenza di partecipanti ma un solo relatore, il ministro alle Riforme, Gaetano Quagliariello, poteva far credere a qualcuno di dover assistere a una dottorale ‘lezione’ su riforme, Costituzione, storia politica e istituzionali, leggi elettorali, etc. Invece, l’attualità politica – sempre più stringente, in particolare sul fronte del centrodestra – e l’abilità oratoria del   ministro   Quagliariello   hanno   reso   l’incontro che si è tenuto al St. Regis Hotel il pomeriggio del 6 novembre dal Mcl di assoluto interesse e la relazione del ministro di rara vivacità.
Si parte con l’introduzione del presidente, Carlo Costalli, che mette subito i piedi nel piatto, rivendicando la necessità – da parte delle forze sociali, Mcl in testa di sostenere il governo delle larghe intese con due finalità: superare la grave crisi economica attuale e, appunto, ‘fare’ le riforme per lanciare un nuovo patto e rinnovare il rapporto di fiducia tra i cittadini e le istituzioni. “Chi non vuole fare le riforme ostacola il governo delle larghe intese”, ammonisce la platea, senza giri di parole, Costalli, “per tenere in piedi interessi corporativi o di casta”. La palla passa a Quagliariello. “Mi sento rappresentato da quanto detto da Costalli e vi saluto”… è l’attacco che strappa un sorriso a tutti. Ma dietro il sorriso cova il dramma: il Pdl si è diviso in due, tra alfaniani ‘realisti’ e fittiani ‘lealisti’, a tal punto da arrivare a una scissione che, il 16 novembre, ha terremotato il centrodestra. Quagliariello cerca di ritagliarsi il ruolo del professore che illustra ‘teorie’ e avverte di “non leggere, se non distrattamente, le agenzie…” (in realtà, sa e segue tutto), ma poi entra subito in medias res. “I tempi della politica sono diversi dai tempi della storia e oggi siamo ai tempi supplementari di una II Repubblica nata nel ’94 ma anche alla fine di un ciclo   per   tramonto   del   protagonista (Quagliariello non citerà mai il nome di Berlusconi, ndr.) e cambiamento della legge elettorale che assecondò la dinamica bipolare (il Matterellum nel ’94, ndr.). Ora, però, il tempo è passato e la coppia berlusconismo/antiberlusconismo non funziona più ma soprattutto perché la crisi economica che ci ha investito e che non accenna a esaurisi è la peggiore che il sistema ha subito anche rispetto a quella epocale del 1929”.
Di fronte a tutti questi ‘cambiamenti’, però, è l’analisi di Quagliariello, il sistema istituzionale e costituzionale è rimasto quello della I Repubblica, assecondando solo, con leggi elettorali come il Porcellum, il bipolarismo. Ma alle ultime elezioni politiche (febbraio 2013) tre fattori hanno travolto il quadro pregresso: si è affermato un partito antisistema (M5S di Grillo); i due poli (Pdl e Pd) che rappresentavano il 60% dell’elettorato sono crollati sotto il 30%; l’effetto della mancata introduzione di una ‘soglia’ al premio previsto dal Porcellum ha provocato un effetto altamente discorsivo: al primo partito della prima coalizione (il Pd) è andato tre volte il numero dei deputati attribuiti al primo partito della seconda (il Pdl) “provocando una manipolazione della rappresentanza superiore a quella del listone Acerbo”. Quagliariello ne ha anche per l’istituto delle primarie, di cui si parla molto, sia nel centrodestra (si faranno o no?) che nel centrosinistra (l’8 dicembre): condivide e promuove quelle per la scelta della leadership, non tuttavia per quelle per scegliere i parlamentari, “i quali, specie i giovani democratici durante l’elezione del Capo dello Stato, hanno dato pessima prova di sé, bocciando due padri storici del Pd (Marini e Prodi, ndr.) solo perché il mondo dei social network, da Twitter a Facebook, entra in tumulto…”. Entrando in medias res il ministro si chiede retoricamente “cosa potremmo fare senza il governo delle larghe intese per combattere la crisi? Nulla”. Poi, Quagliariello mette i piedi nel piatto dei destini del centrodestra: “Il Pdl non può ridursi a fare il Pri della I Repubblica, che ogni tanto faceva una crisi   di   governo,   magari   anche   per   nobili   motivi…”. Infine, le riforme. “In alcuni Paesi, come la Francia, esistono partiti deboli e istituzioni forti, in altri, come la Germania, a istituzioni deboli e perfettibili corrispondono partiti forti che però formeranno un altro governo di grande coalizione. In Italia abbiamo il peggio.
Istituzioni deboli e partiti deboli”. Un disastro. “Siamo passati dal bipolarismo imperfetto della I Repubblica – commenta – a un bipolarismo perfetto e paritario cui però le istituzioni non si sono mai adeguate, a partire dalla Costituzione. Bisogna cambiare la legge elettorale ma anche riformare la Carta costituzionale, nella sua II parte” (come fa il ‘Comitato dei 40’ appena istituito e votato in Parlamento, ndr.). C’è tempo per qualche domanda anche per merito di una platea attenta, rigorosa e sollecita. A chi chiede, un po’ provocatoriamente, se ‘voi (alfaniani, ndr.) non stiate lavorando e facendo politica come se Berlusconi non ci fosse’, Quagliariello risponde che “ormai si è chiuso un ciclo, Berlusconi lo sa, è una persona realista, e più che un grande partito, vedo nel nostro futuro un grande centrodestra con aree diverse al suo interno. Proprio come era la Dc….”.
Al che le orecchie di Costalli hanno un fremito. Non a caso, il giorno dopo, con un’intervista ad Avvenire, Costalli dice: “Per fare le riforme ci vuole tempo, chi non le vuole blocca il processo delle riforme e danneggia il Paese.” Come dire? Il solco è tracciato.

Ettore Colombo
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