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  INTEGRARE APPRENDIMENTO E LAVORO

Data di pubblicazione: Mercoledì, 24 Marzo 2010

TRAGUARDI SOCIALI / n.40 Marzo / Aprile 2010 :: INTEGRARE APPRENDIMENTO E LAVORO

PIERGIORGIO SCIACQUA

In questo periodo di grande crisi il dibattito sulle prospettive per il governo dell’economia mondiale è sempre più circoscritto alle “nuove regole finanziarie” ed il tema del legame tra il lavoro e le risorse umane viene relegato in una posizione marginale e spesso anche rimandato “ad una seconda fase”. Da molti anni il nostro Paese non registra una crescita economica sostanziale; la crisi mondiale sta accentuando un periodo ‘negativo da tempo’ e la stessa cosa può essere rilevata anche per l’U.E. che, da oltre 15 anni, non esprime segnali decisamente positivi in questo settore. In Italia c’è una evidente discrasia tra lavoro e formazione da un lato e sviluppo economico all’altro: si sono esaurite quelle ‘spinte creative’ che nel passato hanno caratterizzato un’epoca ed oggi – benché in possesso di più raffinate tecnologie e conoscenze – la risposta formativa non è più in linea con le nuove esigenze del mercato del lavoro, le attese dei giovani e le speranze delle famiglie. Anche la politica non ha saputo cogliere pienamente le esigenze dei tempi e parte dalle Istituzioni si barricano contro ogni forma di nuovo che emerge dalla società senza saperlo interpretare: nel nostro Paese i pregiudizi contro la Legge Biagi ne sono stati a lungo la sintesi più evidente ed hanno favorito una conservazione che – ben rappresentata e supportata da un certo modo di fare sindacato – ancora oggi rende difficile un incisivo sostegno alle prospettive occupazionali delle giovani generazioni. Ed è in questo contesto che lavorare per superare il ‘gap generazionale’ diventa essenziale e la consapevolezza del dover ‘ripartire’ proprio dalle energie e dai talenti dei giovani è sempre più ben evidenziata e viva in larghi settori sociali e, in particolare, nella linea congressuale del MCL.E’ in questa prospettiva che il Piano di azione per l’occupabilità dei giovani attraverso l’integrazione tra apprendimento e lavoro – recentemente pubblicato dal Ministro del Lavoro, Sacconi, e dal Ministro della Pubblica Istruzione, Gelmini – vuole promuovere un’azione di Governo per “facilitare la transizione dalla scuola al lavoro”, di giovani sempre più forniti di competenze e capacità. C’è allarme per i tempi lunghi e per la mancanza di vere politiche di orientamento a favore dei giovani che sempre più riescono ad inserirsi nel “mercato del lavoro” soprattutto grazie a “reti amicali e informali”, e comunque dopo attese incredibilmente lunghe. La necessità di rilanciare l’istruzione tecnica e professionale sembra essere uno dei perni forti delle nuove politiche in questo settore.Credo che sia da sostenere questa volontà così come sia da apprezzare l’insieme dei recenti provvedimenti a sostegno dell’apprendistato. Senza tornare al passato, bisogna saper ben rivalutare questa esperienza di formazione lavoro, che non può essere solo un tirocinio pagato a basso livello, ma deve costituire un approccio motivazionale e di acquisizione di competenze, tale da permettere una efficiente transizione verso la vita professionale, dopo aver conseguito un valido titolo di studio. Nelle Pim questo dovrebbe essere più facile, mentre bisogna vigilare che nella grande industria ciò non sia percepito ancora come un semplice trasferimento di risorse finanziarie. Bisogna lavorare per allargare le conoscenze, consci che tuttavia questo non è da solo sufficiente, occorre saper ben interpretare queste competenze, applicarle e innovarle: le scelte educative dovranno essere sempre più partecipate ed anticipate. Anche le recenti proposte di riordino della scuola superiore – al di là delle critiche normalmente pregiudiziali e preconcette – sembra andare verso questo nuovo modo di leggere l’esigenza formativa e di coniugarla con un percorso che non lasci più al futuro lavoratore il duro compito di provvedere da solo alla sua formazione professionale (il potenziamento delle discipline scientifiche sostiene questa possibilità): è negli Istituti Tecnici che si gioca molto sul futuro del nostro Made in Italy e della moderna industria manifatturiera. Il rilancio di una formazione tecnica deve essere accompagnato da politiche di orientamento più qualificate e concrete, che tengano conto delle motivazioni e sappiano guardare al futuro ponendo al centro il giovane. L’impresa non può restare ferma in attesa: anche al mondo imprenditoriale spetta infatti il compito di coordinare il percorso formativo cercando di renderlo meno astratto e facilitando la programmazione di un periodo di ‘collocamento formativo’ dei giovani in azienda. Anche le tante forze sociali e culturali attive nel campo della formazione professionale, non universitaria, devono avere il coraggio di chiudere con il tempo della “progettazione per la progettazione”: bisogna superare il passato e saper fare una nuova formazione professionale che guardi al presente, lo sappia interpretare per delineare meglio, nel futuro, un sostegno utile per un pieno inserimento nel mondo del lavoro di giovani capaci di rimodulare le proprie competenze attraverso una formazione permanente.Nelle diverse interpretazioni che le Regioni sintetizzano oggi, la Formazione Professionale è spesso intesa con una varietà di schemi che vanno dall’essere parte dei processi di professionalizzazione – al Nord – a quella più tipica del Sud, dove vince la varietà dell’offerta. Non è più pensabile un ritorno di un’esperienza della formazione professionale centralizzata, ma c’è sicuramente il bisogno di saper meglio valutare i risultati e di proiettarci verso un modello che sappia anticipare i tempi senza più preferire le strutture alle persone. In questo sarà prezioso un più stretto collegamento tra le esperienze europee ed il ruolo che i Ministeri competenti dovranno continuare ad esercitare per armonizzare l’offerta di un piano formativo che tenda ad un integrato sistema di acquisizione di competenze. Non si potrà trascurare poi un radicale cambiamento nella formazione dei docenti. Il MCL ha forte il senso di responsabilità verso le giovani generazioni e non può separare quest’azione dal grande contesto – più volte richiamato dal Papa Benedetto XVI - della “emergenza educativa”. Condividiamo pienamente il Papa quando dice che la sfida rappresenta oggi una delle emergenze più forti ed acute e “che bisogna ripartire da uno stile educativo davvero autentico, cominciando dalla scuola”.

Piergiorgio Sciacqua
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