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  “Il caos delle migrazioni, le migrazioni nel caos”

Data di pubblicazione: Domenica, 12 Marzo 2017

TRAGUARDI SOCIALI / n.83 Marzo / Aprile 2017 :: “Il caos delle migrazioni, le migrazioni nel caos”

Presentato a Roma l’VIII Rapporto sulla DSC nel mondo

In un tempo come il nostro segnato dalla profonda impronta profetica di Papa Francesco, immergersi in un esercizio di sano realismo cristiano può aiutare ad allargare lo sguardo della ragione. Anche e soprattutto ecclesiale.
Questo è lo sforzo messo in campo dall’Osservatorio internazionale Cardinale Van Thuan sulla dottrina sociale della Chiesa che ha prodotto il suo VIII Rapporto, dedicato quest’anno a un tema scottante: “Il caos delle migrazioni, le migrazioni nel caos”. Al di là del titolo che riflette l’oggettivo disordine che regna sulla scena mondiale, il Rapporto realizzato in collaborazione con il Movimento Cristiano Lavoratori ha certamente il merito di invitarci a riflettere sulla responsabilità dei cristiani, laici soprattutto, nell’affrontare una questione strategica con occhi limpidi e con strumenti rispettosi della ragione umana e del bene comune di tutti. Dunque, non solo di chi viene accolto, ma anche di chi accoglie. “Con la prudenza necessaria - come precisa il presidente del Mcl, Carlo Costalli - dinanzi a un tema divisivo come la migrazione, ma anche con la responsabilità del discernimento che spetta al laicato cattolico, soprattutto quello che opera sul fronte sociale”.
Giusto per sgomberare il campo da ogni equivoco, non è in discussione la linea di intervento di Papa Francesco che possiamo sintetizzare nel “dovere fraterno dell’accoglienza nei confronti di chi è nel bisogno”. E’ un’indicazione evangelica e con il Vangelo non si scherza. A questo riguardo è noto a tutti l’enorme sforzo (anche economico) della Chiesa italiana per l’accoglienza generosa e fraterna di quanti, in fuga dai Paesi in guerra e dalla povertà, sbarcano sulle nostre coste. E non si può tacere quanto lo stesso Francesco, forse sorprendendo taluni suoi detrattori, ha voluto chiarire nel corso dell’intervista in aereo durante il viaggio di ritorno dalla Svezia: “Credo che in teoria non si può chiudere il cuore a un rifugiato, ma ci vuole anche la prudenza dei governanti: devono essere molto aperti a riceverli, ma anche fare il calcolo di come poterli sistemare, perché un rifugiato non lo si deve solo ricevere, ma lo si deve integrare. E se un Paese ha una capacità di venti, diciamo così, di integrazione, faccia fino a questo. Un altro di più, faccia di più. Ma sempre il cuore aperto…”. In queste parole si intravede la coerenza nella profezia, ma anche la saggezza del realismo cristiano che non pretende di andare oltre le concrete forze di ciascuno.
Tutto questo ci induce a leggere il Rapporto proprio secondo il criterio del “realismo cristiano” suggerito da monsignor Giampaolo Crepaldi che dell’Osservatorio è presidente. Quindi con un occhio vigile sull’intero contesto delle migrazioni, senza sorprenderci se veniamo invitati a dare risposta ad alcuni scomodi interrogativi. Primo fra tutti: le cause che vengono indicate a livello internazionale per giustificare la migrazione nelle sue dimensioni attuali (economiche, demografiche, belliche) sono tutte chiare? Si può legittimamente ipotizzare che vi siano motivazioni recondite che rispondono piuttosto al disegno di un nuovo ordine mondiale, magari disegnato a tavolino in taluni organismi internazionali che mirano a imporre come ineluttabile un mondo multiculturale? E ancora: chi immagina e si augura una sorta di religione universale come risposta ai conflitti culturali e religiosi? In questo scenario quale ruolo spetterebbe alla religione cristiana e con essa ai credenti?
Il Rapporto pone tante domande e soprattutto si chiede come si possa perseguire effettivamente il bene comune se non ci si interroga sul destino dei popoli e degli Stati nazionali che accolgono. Un problema niente affatto secondario, se solo consideriamo le suggestioni del trumpismo e del sovranismo che percorrono l’Europa con imprevedibili conseguenze sugli assetti politici e sociali, già molto scossi, dei Paesi occidentali. Nessuno si nasconde che il tema dell’immigrazione sarà inevitabilmente al centro dei più delicati appuntamenti elettorali europei (Olanda, Francia, Germania e poi Italia). Affrontarli senza seminare nel dibattito pubblico dosi massicce di realismo (preferibilmente cristiano) sarebbe da sprovveduti. Se non da incoscienti.

Domenico Delle Foglie
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