L’EUROPA
Le vicende italiane si inseriscono in un contesto europeo aperto a troppe incertezze. Dopo il deludente accordo per la nuova carta costituzionale, secondo il Mcl sarebbe necessario un referendum che restituisca ai paesi, ma soprattutto ai popoli, l’idea e la voglia d’Europa che abbiamo visto molto attenuate dall’apatia che in molti stati ha accompagnato il voto europeo con una disaffezione che ha colpito particolarmente quei nuovi paesi membri, come Polonia e Slovacchia, di più radicata tradizione cristiana. La consolidata tradizione “
europeista” del MCL che si concretizza nella nostra presenza in diversi stati membri e in molti stati candidati nonchè in organismi comunitari non può far confondere tale posizione con quella di chi, orientato da un forte “
euroscetticismo”, intende utilizzare lo strumento referendario per affossare la possibilità di una grande Europa, politicamente consistente a livello mondiale.
L’Europa rappresenta una grande speranza ed ha una forte prospettiva: non va penalizzata e costretta in meschini quanto infruttuosi calcoli di parte, anzi questa è l’occasione per una “
piattaforma comune” per il suo rilancio, piattaforma che nel nostro paese non si è mai costruita in passato. Si potrebbe iniziare con il sostenere l’idea (da tempo avanzata dal nostro Movimento) di un seggio comune dell’UE all’ONU che darebbe sostanza e prospettiva ad un’Europa politicamente forte e unita.
LA SOCIETA’ CIVILE
MCL riconferma la sua consolidata propensione ad un quadro di democrazia pluralista che, riconoscendo il primato della politica (e conseguente necessità di impegno diretto dei cattolici), promuova una vivace e robusta società civile che favorisca e incrementi spazi di partecipazione e si prenda carico di quel “
bene comune” che difficilmente il cittadino riconosce come regolato e promosso dalle istituzioni le quali, spesso, non riescono a conquistare e mantenere elevati livelli di credibilità.
Va lasciato alle formazioni sociali tutto lo spazio necessario affinché possano al meglio produrre “
beni sociali”: quei beni cioè che hanno un grande valore ma che non hanno un prezzo ed è per questo che, spesso, non sono considerati né dalle istituzioni né, tanto meno, dal mercato.
Una società civile che, come si è più volte sottolineato nel corso delle precedenti Settimane sociali, non si sostituisce alla politica ma ne costituisce una forma privilegiata, rinnovata e coinvolgente.
Naturalmente questi principi vanno declinati e incarnati nella situazione attuale ed in una società che è sempre più polverizzata e tende ad organizzarsi in piccole realtà tese a dare risposte immediate ai tanti bisogni od alle emergenze che, spesso, sono diverse da luogo a luogo e da momento a momento. Sembra ormai necessario che le grandi strutture nazionali (anche quelle associative) mettano in campo una grande capacità di rinnovamento.
Con l’equilibrio necessario a garantire, anzi a rafforzare, una complessiva “
rappresentanza”, va fatto un grosso sforzo per fare crescere la significatività dei diversi carismi nelle comunità locali con la missione di alimentare e favorire momenti di aggregazione e spazi di condivisione che ritessano la maglia, la rete di una nuova quanto indispensabile coesione sociale. Infatti, se la loro nascita era giustificata dall’adesione a “
valori forti” ed alla loro promozione e testimonianza, ora sembrano avanzare nuove forme di aggregazione con una capacità di coinvolgimento basata sulla risposta a bisogni specifici, locali e limitati.
Pur con fatica e in mezzo a mille difficoltà occorre acquisire la capacità di interpretare e comprendere tali esigenze e dare risposte in termini di iniziativa e di azione “
politica” rispetto alle spinte che salgono dal basso proprio valorizzando questo “
basso”, dunque la realtà locale, con le risorse che offre e con le problematiche che rappresenta per ricondurle ad un principio più alto di bene comune.
Sembra quindi consolidarsi uno scenario nel quale a fronte di un mondo assoggettato alla globalizzazione si manifesta, quasi fosse una reazione, un desiderio diffuso e crescente di riscoperta della propria identità e delle proprie radici.
Pensiamo al futuro considerando le opportunità e i rischi che la mondializzazione apre e, nello stesso tempo, ricerchiamo quei valori e quelle energie che costruiscono la nostra fiducia e il nostro agire, fondano la nostra speranza e alimentano la capacità di contribuire, con le nostre specificità e peculiarità, allo sviluppo di tutti.
Ricostruire, rinnovare, rialimentare l’impegno alle “solidarietà lunghe” nella comunità locale, dunque! Non a caso già nel 1998 i Vescovi italiani indicavano tale percorso con il documento “Le Comunità cristiane educano al sociale e al politico”.