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  MCL. Settimana Sociale. Bologna 2004

Data di pubblicazione: Lunedì, 26 Settembre 2005

STAMPA E PUBBLICAZIONI / Documenti :: MCL. Settimana Sociale. Bologna 2004

Democrazia: Risposte in "rete" per una sfida globale

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L’EUROPA


    Le vicende italiane si inseriscono in un contesto europeo aperto a troppe incertezze.      Dopo il deludente accordo per la nuova carta costituzionale, secondo il Mcl sarebbe necessario un referendum che restituisca ai paesi, ma soprattutto ai popoli, l’idea e la voglia d’Europa che abbiamo visto molto attenuate dall’apatia che in molti stati ha accompagnato il voto europeo con una disaffezione che ha colpito particolarmente quei nuovi paesi membri, come Polonia e Slovacchia, di più radicata tradizione cristiana.       La consolidata tradizione “europeista” del MCL che si concretizza nella nostra presenza in diversi stati membri e in molti stati candidati nonchè in organismi comunitari non può far confondere tale posizione con quella di chi, orientato da un forte “euroscetticismo”, intende utilizzare lo strumento referendario per affossare la possibilità di una grande Europa, politicamente consistente a livello mondiale.

    L’Europa rappresenta una grande speranza ed ha una forte prospettiva: non va penalizzata e costretta in meschini quanto infruttuosi calcoli di parte, anzi questa è l’occasione per una “piattaforma comune”   per il suo rilancio, piattaforma che nel nostro paese non si è mai costruita in passato.       Si potrebbe iniziare con il sostenere l’idea (da tempo avanzata dal nostro Movimento) di un seggio comune dell’UE all’ONU che darebbe sostanza e prospettiva ad un’Europa politicamente forte e unita.

LA SOCIETA’ CIVILE   


    MCL riconferma la sua consolidata propensione ad un quadro di democrazia pluralista che, riconoscendo il primato della politica (e conseguente necessità di impegno diretto dei cattolici), promuova una vivace e robusta società civile che favorisca e incrementi spazi di partecipazione e si prenda carico di quel “bene comune” che difficilmente il cittadino riconosce come regolato e promosso dalle istituzioni le quali, spesso, non riescono a conquistare e mantenere elevati livelli di credibilità.

         Va lasciato alle formazioni sociali tutto lo spazio necessario affinché possano al meglio produrre “beni sociali”: quei beni cioè che hanno un grande valore ma che non hanno un prezzo ed è per questo che, spesso, non sono considerati né dalle istituzioni né, tanto meno, dal mercato.

      Una società civile che, come si è più volte sottolineato nel corso delle precedenti Settimane sociali, non si sostituisce alla politica ma ne costituisce una forma privilegiata, rinnovata e coinvolgente.
         Naturalmente questi principi vanno declinati e incarnati nella situazione attuale ed in una società che   è sempre più polverizzata e tende ad organizzarsi in piccole realtà tese a dare risposte immediate ai tanti bisogni   od alle emergenze che, spesso, sono diverse da luogo a luogo e da momento a momento.      Sembra ormai necessario che le grandi strutture nazionali (anche quelle associative) mettano in campo una grande capacità di rinnovamento.

    Con l’equilibrio necessario a garantire, anzi a rafforzare, una complessiva “rappresentanza”, va fatto un grosso sforzo per fare crescere la significatività dei diversi carismi nelle comunità locali con la missione di alimentare e favorire momenti di aggregazione e spazi di condivisione che ritessano la maglia, la rete di una nuova quanto indispensabile coesione sociale.      Infatti, se la loro nascita era giustificata dall’adesione a “valori forti” ed alla loro promozione e testimonianza, ora sembrano avanzare nuove forme di aggregazione con una capacità di coinvolgimento basata sulla   risposta a bisogni specifici, locali e limitati.

    Pur con fatica e in mezzo a mille difficoltà occorre acquisire la capacità di interpretare e comprendere tali esigenze e dare risposte in termini di iniziativa e di azione “politica” rispetto alle spinte che salgono dal basso proprio valorizzando questo “basso”, dunque la realtà locale, con le risorse che offre e con le problematiche che rappresenta per ricondurle ad un principio più alto di bene comune.

      Sembra quindi consolidarsi uno scenario nel quale a fronte di un mondo assoggettato alla globalizzazione si manifesta, quasi fosse una reazione, un desiderio diffuso e crescente di riscoperta della propria identità e delle proprie radici.

      Pensiamo al futuro considerando le opportunità e i rischi che la mondializzazione apre e, nello stesso tempo, ricerchiamo quei valori e quelle energie che costruiscono la nostra fiducia e il nostro agire, fondano la nostra speranza e alimentano la capacità di contribuire, con le nostre specificità e peculiarità, allo sviluppo di tutti.
         Ricostruire, rinnovare, rialimentare l’impegno alle “solidarietà lunghe” nella comunità locale, dunque!          Non a caso già nel 1998 i Vescovi italiani indicavano tale percorso con il documento “Le Comunità cristiane educano al sociale e al politico”.   

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