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  MCL. Settimana Sociale. Bologna 2004

Data di pubblicazione: Lunedì, 26 Settembre 2005

STAMPA E PUBBLICAZIONI / Documenti :: MCL. Settimana Sociale. Bologna 2004

Democrazia: Risposte in "rete" per una sfida globale

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    La complessa trasformazione in atto è spesso inavvertita, qualche volta occultata, perfino manipolata.       Questo spinge ancora di più i cattolici a camminare nella società per svolgere in essa un discernimento e una inculturazione della fede fondati sulla centralità della persona umana, sulla dimensione etica dei processi sociali e sul profilo alto della democrazia.

    Ci auguriamo che la Settimana di Bologna possa offrire un riferimento significativo dei e per i cattolici italiani e sollecitare rinnovate iniziative per un servizio qualificato e coerente alla vita delle comunità ai vari livelli, dalla più piccola realtà locale fino al mondo intero.

    Per MCL sarebbe riduttivo parlare di democrazia se, all’interno di un’ecclesialità, non si facesse riferimento al tema della corresponsabilità come espressione della vocazione alla missionarietà di laici.            

    Per questo, in forza di un dovere che sentiamo e partendo dai nostri campi di impegno, abbiamo concentrato la nostra attenzione principalmente su due (dei quattro) ambiti connessi con il tema della democrazia: l’economia e le istituzioni (ad ogni livello) verificando come una stagione di riforme possa contribuire a salvaguardare e promuovere il bene prezioso della democrazia superandone la semplice dimensione formale.    Due argomenti che da sempre sono stati particolarmente presenti nel programma di MCL.

LE RIFORME


    MCL ha sempre prestato una grande attenzione alle istituzioni quali “strumenti” che rendono possibile una democrazia compiuta e favoriscono una più ampia partecipazione a tutti i livelli.    E’ per questo che la loro riforma ci sta a cuore perché da esse dipende il modello di Paese che si andrà a costruire.      Questi argomenti non riescono ad appassionare il grande pubblico, eppure qui è in gioco l’idea stessa di Italia, di paese, di società, di comunità.    In particolare è in discussione il principio di un paese ancora unitario, costruito intorno a forme di convivenza condivise e valorizzate.   

    Un’Italia collocata in un’Europa che cresce ma che rischia di crescere male e di andare incontro a passi falsi.       In questo quadro di riferimento pensiamo che le riforme vadano fatte evitando logiche di “maggioranza” anche per evitare il lacerante contenzioso che ha fatto seguito alla pasticciata riforma della scorsa legislatura.    Non è pensabile che pezzi di paese siano esclusi dai processi di riforma, così come non è immaginabile che ogni maggioranza si faccia la propria riforma ad ogni legislatura.

    Per Mcl su qualche punto bisogna fermarsi a pensare anche per quanto approvato al Senato il 25 marzo scorso.   L’attribuzione di competenze esclusive alle regioni in materia di sanità, istruzione, sicurezza, potrebbe mettere a rischio le garanzie di tutti i cittadini circa le prestazioni sociali e assistenziali.   
    Su questi temi occorre rimettere mano e orientare le scelte verso un modello di federalismo equilibrato, solidale e cooperativo.   Lo si potrebbe definire un federalismo “sociale” che preceda e determini il senso di quello istituzionale, che sia giustificato esclusivamente dal miglioramento complessivo della qualità della vita delle persone, che non risponda soltanto a esigenze di una minoranza e che, tenendo fermo il principio dell’unità nazionale, affermi una sussidiarietà orizzontale e non solo verticale evitando che tutto si risolva in una semplice (e in questo caso dannosa e costosa) “devoluzione” di poteri.   
    Se da una parte sembra esserci la tendenza a “spezzettare” in modo disordinato il sistema paese (almeno per ciò che riguarda alcuni settori primari), dall’altra c’è una brutta impressione che va corretta: quella che il disegno di riforma istituzionale punti a potenziare il ruolo del capo dell’esecutivo, mettendo nelle sue mani praticamente l’intero indirizzo politico nazionale, indebolendo sia i centri di potere politico diversi dal governo (in particolare il parlamento), sia i “contrappesi” in senso stretto, di carattere neutrale (presidente della Repubblica, Corte costituzionale).      Che si debba trovare un punto di equilibrio tra governabilità e pluralismo è del tutto ovvio; ma questa riforma assumerebbe una posizione radicale: il pluralismo della vita sociale e politica non può essere regolato da una iniezione di verticismo così robusta.

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