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  Serve una buona legge sul fine vita

Data di pubblicazione: Venerdì, 31 Ottobre 2008

TRAGUARDI SOCIALI / n.32 Settembre / Ottobre 2008 :: Serve una buona legge sul fine vita

Intervista al Sottosegretario al welfare Eugenia Roccella


INTERVISTA AL SOTTOSEGRETARIO AL WELFARE
EUGENIA ROCCELLA


SERVE UNA BUONA LEGGE SUL FINE VITA



Il Sottosegretario al Lavoro, Salute e Politiche sociali, Eugenia Roccella, da sempre segue con particolare passione le tematiche connesse alla tutela della vita. Cattolica, giornalista e ricercatrice universitaria, nel 2007 è stata portavoce del Family Day. Abituata a difendere i valori e convinta assertrice del fatto che sul piano morale una libertà senza limiti conduca di fatto a un illibertà assoluta, la Roccella sta seguendo con grande attenzione il tentativo del Parlamento di arrivare a una legge “sul fine vita” entro il 2008. A lei abbiamo rivolto alcune domande su una questione che è, insieme, delicata e attualissima.


Onorevole Roccella, la recente mozione bipartisan impegna il Parlamento a legiferare entro il 2008 “sul fine vita”. Lei è ottimista?

Sì, in effetti la mozione presentata costringe il Parlamento a legiferare in materia: sollevare il conflitto di competenza con la Corte di Cassazione, chiedendo in proposito il parere della Corte Costituzionale, implica la convinzione che non possono essere le sentenze a decidere sul diritto alla vita. In tal modo, insomma, il Parlamento ha di fatto posto un’ipoteca, avocando a sé il compito di disciplinare la materia. Ora bisogna vedere cosa succederà, quale sarà il parere della Corte Costituzionale (al momento in cui andiamo in stampa è appena stato reso noto il rigetto della Suprema Corte, NDR). Comunque direi che sono piuttosto ottimista sulla possibilità che il Parlamento approvi in tempi ragionevoli una buona legge.

Da Welby a Eluana Englaro: ritiene che non ci saranno più casi del genere in Italia, una volta approvata la legge?

Mah, direi che non basta una legge in sé a risolvere tutti i problemi. Pensi che in realtà in molti, ed io fra questi, ritenevamo che non vi fosse neppure la necessità di una legge, in quanto credevamo bastasse l’art. 32 della Costituzione (che garantisce la tutela della salute). Senonché la sentenza della Cassazione sul caso Englaro ha rimesso in discussione tutto, ponendo l’accento sull’urgenza di una disciplina in una materia tanto delicata che non possiamo permettere venga lasciata all’arbitrio delle sentenze.

Il punto è che ha preso piede un’interpretazione molto, troppo estensiva, del “consenso informato”, tanto da aver di fatto trasformato la libertà di cura nel diritto a morire. Un linea interpretativa molto pericolosa, recepita finanche nel codice deontologico dell’ordine dei medici, che si traduce in pratica nell’assoluta sovranità dell’autodeterminazione, che non accetta alcun limite. Ma se così è, allora vorrebbe dire che abbiamo intrapreso una strada molto pericolosa: di qui a sostenere che va bene anche il suicidio, in quanto rientra nell’autodeterminazione dell’individuo, il passo è breve! Insomma, è una situazione inaccettabile.

Il punto è delicato. Può spiegare meglio?

La Cassazione, con la sentenza sul caso Englaro, ha preteso di ricostruire la volontà della povera Eluana sulla base degli “stili di vita”: praticamente un processo indiziario! Se pensiamo che persino per acquistare un motorino oggi è necessario manifestare per iscritto la propria volontà, è chiaro quanto sia assurdo che invece per staccare la spina, per morire, è sufficiente il passa parola, il “mi sembrava che…”, “una volta l’ho sentita dire che…”. Per questo serve un legge, e anch’io me ne sono convinta: bisogna tornare a mettere dei paletti a una situazione da far west che si è venuta a creare, e che è molto simile a quanto stava accadendo in materia di procreazione assistita.

Il mondo cattolico è diffidente (se non addirittura contrario) alla legge sul testamento biologico. Lei che è stata uno dei portavoce del Family Day cosa ne pensa?

Era ovvio che questa situazione destasse molta perplessità nel mondo cattolico, era naturale che fosse così. Tuttavia mi sembra che l’apertura del Cardinal Bagnasco a una legge sul fine vita tolga ogni dubbio sulla posizione della Chiesa: è una chiara presa d’atto di quella che è la situazione. La Cei insomma, ha manifestato grande saggezza e prudenza.

Su un tema così delicato sarebbe opportuno che il Parlamento arrivasse a larghe convergenze. Lo ritiene possibile?

La situazione oggi in Parlamento mi pare molto diversa da quella che si era determinata nella scorsa legislatura, tant’è che mi pare plausibile poter arrivare a una buona legge, che spero sarà il più possibile condivisa e garantista. Poi, certo, non è mai detta l’ultima: speriamo che non prevalgano le logiche di schieramento, che servirebbero solo a complicare le cose.

Le associazioni di ispirazione cattolica sono state protagoniste fondamentali dello sviluppo del nostro Paese: nel loro ambito si è anche formata negli anni scorsi una parte importante della classe dirigente italiana. Noi riteniamo che un nuovo protagonismo delle associazioni che si ispirano alla dottrina sociale della Chiesa sia indispensabile per rivitalizzare le qualità dell’azione sociale e della politica, come richiesto recentemente anche dal Papa. Qual è il suo parere in proposito, visto che lei è anche presidente dell’Osservatorio Nazionale delle Associazioni di Promozione Sociale?

Sono pienamente d’accordo. Tanto che il mio ministero ha presentato di recente un Libro Verde sul welfare, sullo stile di quanto si fa nei Paesi anglosassoni (dove si è soliti raccogliere in un Libro verde i suggerimenti del mondo del sociale, delle associazioni, di tutti i corpi che compongono la vita civile, i cui pareri vengono poi recepiti in un successivo documento, il Libro Bianco).

Ritengo che la congiuntura economica, come pure la riforma sul federalismo fiscale, e anche le nuove emergenze sociali, sono tutti fattori che dimostrano l’assoluta necessità di un nuovo sistema di welfare, molto meno basato sui vecchi schemi dell’assistenzialismo e molto più attento, invece, all’assunzione di responsabilità civili. Non a caso il Libro Verde è stato intitolato “La vita buona nella società attiva. Libro Verde sul futuro del modello sociale”, a voler appunto sottolineare l’attenzione a tutti quegli organismi di promozione sociale, di cittadinanza attiva – e in primis la famiglia – da mettere al centro di un welfare che deve soprattutto dare opportunità, avere in sé l’aspetto determinante dell’assunzione di responsabilità per la promozione della società civile.

E mi riferisco in particolare alla famiglia, che è il primo soggetto di welfare attivo e che, come tale, va tutelata e potenziata. E poi il volontariato, fonte di ricchezza valoriale ed economica. Ebbene, sono convinta che dobbiamo tener conto di questo grande patrimonio di responsabilità sociale. E aiutarlo a crescere con politiche adeguate.

Fiammetta Sagliocca


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