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  La seconda repubblica già in crisi

Data di pubblicazione: Martedì, 26 Febbraio 2008

TRAGUARDI SOCIALI / n.29 Gennaio / Febbraio 2008 :: La seconda repubblica già in crisi

La politica nella confusione


LA POLITICA NELLA CONFUSIONE

LA SECONDA REPUBBLICA GIA' IN CRISI


       In un contesto di crescente degrado della situazione sociale ed economica, e dopo un lungo periodo di tensioni e contraddizioni, l’esperienza politica del governo di centrosinistra guidato da Romano Prodi si è traumaticamente conclusa. Come era inevitabile la fine di questa esperienza ha portato con sé anche la fine della legislatura. Che lo scontro sulla data delle elezioni anticipate si sia incentrato, sostanzialmente, su un breve prolungamento di vita dell’attuale Parlamento, non più di due o tre mesi, conferma il fatto che la maggioranza di governo e la stessa legislatura erano ormai politicamente esaurite.

       In realtà, il seme della pesantissima situazione attuale e del clima di scontro che ha caratterizzato la vita del governo e dell’intera legislatura, comprese le aspre modalità della sua fine, nasce dal rifiuto – nell’immediatezza di un risultato elettorale sostanzialmente di pareggio e certamente non di vittoria – a dar vita ad un’intesa temporanea tra le due coalizioni per un governo di coesione nazionale in grado di superare l’emergenza e riscrivere le regole.

       C’è da augurarsi, per il bene dell’ Italia, che la moderazione che non è prevalsa due anni fa prevalga nel prossimo futuro. Dobbiamo essere, comunque, ben consapevoli che queste elezioni non sono, di per sé, sufficienti a condurre l’Italia fuori dalla crisi politica e, di conseguenza, sociale ed economica.

       Come abbiamo sempre evidenziato, in occasione delle ultime iniziative realizzate dalla Fondazione Europa Popolare, la crisi della politica in cui ci troviamo viene da lontano. Nasce dalle modalità violente con cui, all’inizio degli anni ‘90, si è proceduto alla liquidazione della “prima Repubblica”. Così facendo non si è infatti, avviato il passaggio ad una “seconda Repubblica”, ma solo una lunga fase di transizione non ancora conclusa, che ha generato una grave eclissi della politica e della partecipazione democratica.

       I problemi che, in questi ultimi mesi, abbiamo indicato come centrali per condurre il Paese oltre la crisi restano tutti in piedi. Subito dopo le elezioni bisognerà affrontare sia la questione della riforma elettorale – sotto la minaccia di un referendum che, si ricordi bene, le elezioni anticipate rinviano, ma certo non cancellano – sia, più in generale, quella della riforma dello Stato. Sotto questi fondamentali profili noi continuiamo a pensarla esattamente come l’abbiamo sempre pensata. Crisi della politica è, innanzitutto crisi della partecipazione democratica, cioè un distacco profondo che si realizza tra i cittadini e le istituzioni. Senza partecipazione non vi può essere politica e, a maggior ragione, politica democratica.

       Subito dopo le elezioni bisognerà, pertanto, operare per realizzare una riforma che riporti la sovranità popolare, al centro della decisionalità politica, come deve essere in uno Stato democratico. Solo la piena sovranità popolare può anche porre fine a quel permanente scontro tra poteri democraticamente legittimati e poteri che si “autolegittimano”, che mina ormai, da molti anni, le basi della nostra democrazia e della stessa convivenza sociale. Strumento fondamentale per restituire sovranità al popolo e forza vitale alla politica è l’attuazione di una riforma elettorale in senso proporzionale – noi continuiamo a restare fedeli al modello tedesco! – capace di contemperare l’esigenza di garantire la capacità decisionale del sistema con la salvaguardia delle principali identità della nostra cultura politica. Nello specifico, per quanto concerne noi, cattolici impegnati nel sociale, nel politico e nella cultura, si tratta di creare le condizioni per difendere e riaffermare l’identità popolare della nazione italiana: una identità che, anche sotto l’onda di una dilagante secolarizzazione, resta fortemente ancorata alle radici cristiane.

      Restiamo, peraltro, decisamente convinti che è indispensabile adoperarsi per la costruzione di una grande forza politica di centro a forte identità popolare. Ciò non vuol dire, tuttavia,che noi non si debba valutare la situazione politica attuale con realismo e con saggezza. Con la capacità, cioè, di guardare lontano, ma anche con i piedi ben saldi nella terra del campo da gioco sul quale dobbiamo giocare la nostra partita. E, in questo campo da gioco, caratterizzato da un bipolarismo esasperato – anche se, lo diciamo chiaramente, questo bipolarismo non ci piace! – la nostra collocazione non può che essere alternativa alla sinistra. Una sinistra, tra l’altro, ancora tenuta sotto scacco e sotto condizionamento da una cultura post-illuministica che si pone in antagonismo assoluto rispetto alla identità popolare ed ai valori irrinunciabili in cui ci riconosciamo: la difesa della vita, la difesa della famiglia, la cultura della solidarietà.

       La scorsa primavera i movimenti cattolici hanno dato vita alla grande giornata del Family Day che ha segnato una netta inversione di tendenza rispetto alla cultura dominante. I valori non negoziabili e le radici cristiane della nostra identità popolare sono tornati ad essere fortemente presenti e visibili. Sono tornati a dimostrare tutta la loro forza e capacità di mobilitazione. Più recentemente è stata avviata, da laici illuminati, la campagna per la moratoria sull’aborto, che sta riportando all’attenzione dell’opinione pubblica tutta la drammaticità e la tragicità di questa vera e propria “strage degli innocenti”. Si tratta di segnali forti, segnali che possono, in qualche misura, preannunciare un risveglio della coscienza popolare, malgrado tutto, così fortemente, seppure silenziosamente, ancorata alle radici cristiane della nostra civiltà.

      Questi grandi segnali storici hanno bisogno del loro tempo per maturare e non possono in nessun modo essere ricondotti a modeste vicende politiche che, invece di creare unione tra quelli che si richiamano alla tradizione popolare e democratico-cristiana, generano ulteriori divisioni: laddove oggi è, invece, necessaria una sempre maggiore sinergia. Anche per questa ragione non possiamo trovarci in nessun modo d’accordo con quanti, seppure con le migliori intenzioni, hanno deciso di perseguire la scelta di un “microcentro” equidistante tra le due coalizioni. In questo caso l’errore sui tempi finisce, anche, con il trasformarsi in mutazione genetica della linea politica. Il “microcentro equidistante” non si ricollega in nessun modo alla tradizione politica popolare e degasperiana. Nascono, da qui, anche alcune evidenti incongruità del progettato terzo polo come il riferimento a La Malfa ed alla tradizione del P.R.I. –rispettabilissimi ma che nulla hanno a che fare con noi! – i flirts con i protagonisti del più sfrenato giustizialismo come Di Pietro e Leoluca Orlando, gli appelli agli “imprenditori illuminati”.

       La linea degasperiana porta a ben altro: a restare presenti là dove è il popolo, il consenso, anche se le posizioni di questo popolo possono essere più conservatrici rispetto alla linea del partito. E’ su questa impostazione che la Democrazia Cristiana ha realizzato la ricostruzione dell’Italia nel secondo dopoguerra: guidare un blocco sociale interclassista, senza dubbio popolare ma con forti connotazioni conservatrici, verso una politica di centro, di democrazia, di progresso sociale ed economico. Il compito di oggi, pur nella mutata situazione storica e in un contesto pesantemente condizionato da un pessimo bipolarismo, non è quello di avventurarsi cercando scorciatoie improbabili, ma è, piuttosto, quello di impegnarsi per spostare verso il centro l’asse politico dell’intera coalizione.

       In questo senso la nostra linea è quella di lavorare con determinazione, ma sempre con lealtà e con chiarezza, affinché la prossima legislatura sia una legislatura costituente per ricostruire la partecipazione democratica e riportare la sovranità popolare al centro della politica e dello Stato.


Pierpaolo Saleri
Fondazione Europa Popolare


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