RILANCIARE LISBONA, MODERNIZZARE L’ITALIA
Rilanciare “L’Agenda di Lisbona” che prevedeva “una strategia europea sulla competitività e per l’occupazione”: questo obiettivo è stato indicato da Barroso come priorità strategica della Commissione da lui presieduta. Il compito non è facile.
Nelle capitali europee si avverte ormai scetticismo verso la strategia lanciata dall’Unione nel 2000.
C’è davvero bisogno di un progetto così ambizioso? Non è più ragionevole concentrarsi sul funzionamento dei mercati senza complicati processi di coordinamento che tocchino anche il Welfare, l’istruzione o la ricerca?
Questi dubbi circolano da tempo anche in Italia: dubbi comprensibili, però la competitività in tutta Europa continua a declinare e, pertanto, nel suo nucleo centrale l’Agenda elaborata cinque anni fa resta più che mai valida e urgente.
Per rispondere alle sfide che abbiamo davanti (i nostri concorrenti, Cina in particolare ma non solo, si muovono più velocemente di noi) è necessario accelerare la liberalizzazione dei mercati europei, ma occorre anche modernizzare l’intero modello di rapporti tra i mercati e le altre sfere rilevanti: welfare, scuola, famiglia, pubblica amministrazione. E bisogna farlo avendo in mente soprattutto le nuove generazioni che dovranno fronteggiare simultaneamente la sfida della concorrenza internazionale e quella dell’invecchiamento demografico.
L’Agenda di Lisbona è stata elaborata proprio pensando a queste esigenze di modernizzazione: accantonarla sarebbe un errore.
Alcune riforme fatte dal Governo italiano vanno nella giusta direzione: mercato del lavoro e legge Biagi, riforma della scuola, previdenza, ecc. Occorre avere il coraggio di approfondire il dibattito sulle prospettive del welfare in Italia che mostra con chiarezza che i sistemi di protezione sociale attraversano una fase di crisi che ne mette in discussione i criteri fondamentali, nonché l’efficacia e razionalità dell’attuale sistema di tutela.
Il nostro welfare rimane finanziato da pochi attivi.
Esso dà troppo a troppo pochi, viziato com’è da privilegi corporativi e da diseconomie dovute ad imponenti stratificazioni normative che ne hanno largamente eroso l’impianto originario e la funzionalità.
Allarmano il declino demografico e la bassa dotazione di capitale umano che impoverisce il tessuto produttivo. L’economia sommersa continua ad avere una dimensione abnorme.
Il sistema educativo tradizionale perde troppe persone lungo la strada, mentre la spesa sociale rimane concentrata – con evidenti pericoli di instabilità – sul generoso sistema previdenziale a danno del sostegno alle famiglie, ai disoccupati, ai poveri, ai disabili. Occorre dunque promuovere una svolta che l’Agenda di Lisbona prevedeva. Bisogna puntare alla creazione di un sistema più giusto, dinamico e competitivo.
Carlo Costalli