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  L’Europa che vogliamo e che ci fa ancora sognare

Data di pubblicazione: Lunedì, 7 Novembre 2016

TRAGUARDI SOCIALI / n.81 Novembre / Dicembre 2016 :: L’Europa che vogliamo e che ci fa ancora sognare

Intervista al segretario generale di DEOK, Diomides Diomidous

Cipro, pur nel silenzio generale, è un’isola divisa in due: una terra, nel cuore della civilissima Europa, solcata da un muro che separa la parte greco-cipriota da quella turca. A complicare le cose la crisi economica, l’immigrazione, i rapporti con un’Europa che ha abdicato al suo ruolo politico per occuparsi solo di moneta unica. Temi delicati, che abbiamo affrontato con Diomides Diomidous, segretario generale della Federazione Democratica del Lavoro di Cipro (DEOK), a margine del Seminario Feder.Agri di Lecce.

Cipro, che i più in Europa vedono come meravigliosa isola turistica, in realtà è tuttora luogo di conflitti più o meno sopiti con la Turchia. A più di 40 anni dalla guerra lampo che segnò l’invasione turca, sta lì, a ricordarcelo, quello che è ormai l’ultimo ‘muro’ del Vecchio Continente, che divide la parte greco-cipriota da quella turco-cipriota.
Le chiediamo: a che punto sono le relazioni con la Turchia?


Sfortunatamente Cipro vive ancora l’incubo dell’invasione turca e della rigida separazione.
La nostra capitale, Nicosia, è l’unica divisa in Europa. Attualmente è in corso un intenso processo di negoziazione tra il leader greco-cipriota, il Presidente Anastiasidis, e l’omologo turco-cipriota Mustafa Akkintzi: il tutto sotto “i buoni auspici” del Segretario generale dell’ONU Ban Ki Moon.
Lo scopo delle negoziazioni è raggiungere una soluzione ragionevole per Cipro, per far sì che sia governata da uno Stato federale sicuro e sovrano, e che riunisca il popolo, il territorio e l’economia. Sfortunatamente dalla Turchia - e dal suo Presidente Erdogan - non arrivano segnali positivi sul ritiro delle truppe dalla zona occupata, né sul rispetto delle leggi internazionali ed europee circa il ritiro dei militari da Cipro. La violazione del diritto internazionale a Cipro da parte della Turchia dura da ben 42 anni.
La Turchia, Paese candidato ad aderire all’Ue, deve cessare la sua invasione come previsto da uno dei capitoli di negoziazione UE-Turchia. Se e quando questo accadrà, Cipro, casa dei greco e turco ciprioti, fiorirà nella pace e nella prosperità.

L’Europa che vorremmo, quella che hanno sognato i Padri fondatori – e che noi del MCL, da europeisti convinti, auspichiamo – è un’Europa solidale, attenta alla centralità della persona, forte delle proprie radici cristiane e ricca di cultura, capace di abbracciare e integrare. Un’Europa che, nella realtà delle scelte politiche ed economiche dei singoli Paesi, mostra un volto ben diverso e sempre meno comprensibile ai cittadini europei. E’ ancora possibile fare qualcosa perché gli europei possano tornare a sentirsi orgogliosi della propria casa comune?

Abbiamo amato, visto e sostenuto un’Europa dai valori sociali e cristiani, solidale, coesa, impegnata per la pace e la sicurezza, desiderosa di prosperità sociale ed economica per la sua gente. Purtroppo, da circa dieci anni, l’Europa in generale si è concentrata solo sulle politiche finanziarie e monetarie: invece di adottare politiche per gli investimenti, la crescita e l’occupazione, l’Ue ha optato per una dannosa economia di austerità, di disciplina di bilancio e di politiche deflazionistiche. Le misure imposte dai membri del Nord Europa ai Paesi dell’Europa mediterranea (Grecia, Portogallo, Spagna, Cipro, Italia) sono figlie di politiche molto lontane dal progetto europeo dei padri fondatori.
Il progetto europeo abbracciato da milioni di persone si fonda sulla visione di un sistema sicuro, pacifico, una casa comune in cui vivere nella prosperità, offrendo a ciascuno un lavoro dignitoso, equità fiscale, pari opportunità, protezione sociale e solidarietà.
I sindacati, i movimenti operai e le altre forze democratiche orientate ai valori sociali cristiani debbono ora mobilitarsi per chiedere all’UE tutte queste cose!

Lo sguardo sull’Europa non può prescindere da una rinnovata attenzione all’area mediterranea, un tempo bacino di civiltà e oggi divisa da odi religiosi, guerre, fame, terrorismo. La risposta per noi del MCL è nel rafforzamento del dialogo sociale, strumento principe per avvicinare i popoli creando legami di amicizia e solidarietà. Qual è il suo parere? E’ possibile ancora sognare un Mediterraneo unito, che torni ad essere punto di riferimento per la pace e la stabilità politica ed economica dell’area?

Sono d’accordo e aggiungo che, per il Deok, lavorare insieme al MCL non fa che rafforzare il dialogo, unendo la gente e le forze sociali. La mancanza di tale visione è una delle ragioni principali per cui l’Europa non riesce a uscire dalla persistente crisi economica e sociale. In particolare, i Paesi del Mediterraneo hanno motivi maggiori per essere uniti poiché condividono l’esperienza degli esodi epocali provenienti dalla travagliata zona del nord Africa (Libia, Tunisia) e del Sud est (Siria, Iraq, ecc ). Ancora una volta sperimentiamo la riluttanza dei Paesi del Nord Europa ad adottare un’efficace politica di accoglienza, evidenziando così la mancanza di solidarietà europea verso quei Paesi impegnati in prima linea come Italia, Grecia, Spagna e Francia.
La pace e la stabilità politica nel Mediterraneo è di nuovo a rischio. Un rischio che richiede politiche di frontiera europee comuni, insieme al rafforzamento delle politiche di protezione internazionale, particolarmente nel Mediterraneo meridionale. L’Ue ha lottato su questo tema per molto tempo e il prezzo pesante della sua stabilità economico-politica si sta facendo sempre più alto da diversi anni a questa parte.
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