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  Crisi dei rifugiati: il programma della Commissione Ue

Data di pubblicazione: Lunedì, 2 Novembre 2015

TRAGUARDI SOCIALI / n.74 Ottobre / Novembre 2015 :: Crisi dei rifugiati: il programma della Commissione Ue

Una pioggia di denaro per i rifugiati

Prosegue anche in questo numero la corrispondenza da Bruxelles, curata dal giornalista Pierpaolo Arzilla. ‘Una finestra sull’Europa’ questa volta si occupa del programma di lavoro presentato dalla Commissione Ue per far fronte alla crisi dei rifugiati.

Pierpaolo Arzilla


La Commissione Ue ha avviato un programma immediato di lavoro, nel quadro dell’agenda europea sulla migrazione, per gestire nel brevissimo periodo la crisi dei rifugiati.
L’imperativo è fare presto e non perdere ulteriore tempo, soprattutto alla luce di quanto stimato dalla Commissione nelle recenti previsioni economiche d’autunno. Entro la fine del 2017, infatti, altri 3 milioni di richiedenti asilo potrebbero arrivare in Europa. Oltre alla ricollocazione dei 160mila richiedenti asilo, l’esecutivo Ue ha in programma per i prossimi 6 mesi una serie di azioni prioritarie che saranno sostenute con un finanziamento di 1,7 miliardi di euro di fondi comunitari. Le proposte di Palazzo Berlaymont prevedono l’erogazione di 801,3 milioni di euro per gli ultimi mesi del 2015 e saranno sostenute in parte da nuovi finanziamenti sotto forma di proposta di progetto di bilancio rettificativo per il 2015, per il quale la Commissione propone 330,7 milioni di euro d’impegni supplementari da parte degli Stati membri. La Commissione vuole trasferire fondi da altri settori, mettendo a disposizione 70,6 milioni di euro provenienti da altri programmi e azioni e 400 milioni di euro inizialmente previsti per gli aiuti umanitari e finanziamenti destinati alla politica europea di vicinato. I fondi per il 2015, che non richiedono pagamenti supplementari degli Stati membri, finanzieranno alcuni interventi tra cui: 100 milioni per rafforzare il Fondo Asilo, migrazione e integrazione (AMIF) e il Fondo Sicurezza interna (ISF) per aiuti di emergenza agli Stati membri maggiormente colpiti, in aggiunta ai 73 milioni già spesi; 1,3 milioni di euro per l’aumento del personale di Frontex (60 persone in più), dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo (30) ed Europol; 300 milioni di euro per il rafforzamento dello Strumento europeo di vicinato, l’aumento del Fondo fiduciario regionale Ue in risposta alla crisi siriana, e l’assistenza ai Paesi terzi che accolgono rifugiati provenienti dalla Siria. Insieme con gli ulteriori 200 milioni di euro riassegnati, fa sapere la Commissione, il finanziamento totale per il Fondo fiduciario per la Siria ammonterà a oltre 500 milioni di euro, che con i contributi degli Stati membri, “che dovrebbero essere di livello corrispondente ai finanziamenti dell’Ue”, raggiungerà un totale di almeno 1 miliardo di euro. Altri 200 milioni di euro dovranno poi essere destinati a fornire risorse immediate per rispondere alle esigenze dell’UNHCR, del Programma alimentare mondiale e di altre organizzazioni competenti, per fornire un aiuto immediato ai rifugiati.
Bruxelles ha anche annunciato la possibile riassegnazione di un importo fino a 1 miliardo di euro per la Turchia e 17 milioni di euro Serbia e Macedonia.
Per il 2016, si prevede un finanziamento dei progetti pari a 900 milioni di euro, con almeno 2 priorità: 600 milioni per il Fondo Asilo, migrazione e integrazione (AMIF) e il Fondo Sicurezza interna, e per un aumento dell’organico di Frontex, EASO (Ufficio europeo di sostegno per l’asilo) ed EUROPOL. Soldi che si aggiungerebbero ai 780 milioni di euro previsti per il meccanismo di emergenza per la ricollocazione; 300 milioni per fornire aiuti umanitari ai rifugiati ospitati nei Paesi confinanti con la Siria e altri Paesi terzi. In totale, nel biennio 2015-2016, la Commissione spenderà circa 9,2 miliardi di euro per la crisi dei rifugiati.
L’impegno dell’Italia, secondo quanto stabilito nell’eurosummit del 23 settembre scorso, è di 43,2 milioni di euro, di cui 10 milioni a favore del Fondo fiduciario di emergenza per l’Africa (contributo iniziale totale pari a 1,8 miliardi), 6 milioni per il Fondo fiduciario per la Siria, 3 per il programma mondiale per l’alimentazione, 2 per l’Alto commissariato Onu per i rifugiati (UNHCR) e 23 milioni per altre iniziative. L’Italia è il quarto finanziatore, dietro Gran Bretagna (137 milioni), Germania (123) e Francia (103).
Per quanto riguarda lo stato degli hot spot (i centri di gestione e smistamento e dei rifugiati) in Italia, i dati della Commissione ci dicono che a Lampedusa c’è una capacità di accoglienza di 500 migranti, con 15 operatori Frontex e 2 EASO, 300 a Pozzallo (con 9 operatori Frontex), Porto Empedocle, Augusta (11 operatori Frontex) e Taranto, mentre a Trapani, l’accoglienza massima è di 400 persone (con 8 operatori Frontex). In Grecia, sono pronti 3 hot spot su 5: Lesvos (capacità massima di accoglienza, 700 persone, con 36 operatori Frontex, 4 dagli Stati membri e 2 EASO), Chios (110 persone, 8 Frontex), e Samos (250 persone, 7 Frontex).
Tra il 9 e il 21 ottobre, l’Italia ha rimpatriato 93 egiziani e 60 tunisini. Il nostro Paese ha inoltre organizzato, a settembre e ottobre, in collaborazione con Germania, Francia, Malta, Bulgaria e Grecia il rientro in patria di 91 (tutti nigeriani) delle 569 persone rispedite a casa (Kosovo, Nigeria, Pakistan, Georgia, Armenia e Albania) dallo scorso 8 settembre, nell’ambito del programma Frontex, con voli partiti dalla Germania, Austria, Norvegia, Svezia, Olanda, Francia, Bulgaria e Spagna.
A inizio novembre la Commissione ha annunciato aiuti umanitari pari a 62 milioni di euro, per assistere i siriani sfollati che sono ancora nel loro Paese.
In precedenza, Bruxelles aveva già sbloccato fondi per Libano (43 milioni) e Giordania (28 milioni) per un totale di 133 milioni di finanziamenti aggiuntivi erogati nel 2015.
In un’intervista al quotidiano Le Figaro, il primo ministro maltese, Joseph Muscat, ha invocato “una Bretton Woods per l’immigrazione”, cioè uno strumento più o meno analogo a quanto fatto nel 1944, “che faciliti lo sviluppo dei Paesi d’origine, studiando caso per caso”. Secondo Muscat va applicato il principio “more for more”, cioè più aiuti finanziari a quei Paesi africani che s’impegnano con le riforme a modernizzarsi e dunque a trattenere la popolazione, e “less for less”, meno aiuti a chi invece non fa nulla.
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