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  IL "PATRIOTTISMO COSTITUZIONALE" DI FINI

Data di pubblicazione: Mercoledì, 24 Marzo 2010

TRAGUARDI SOCIALI / n.40 Marzo / Aprile 2010 :: IL "PATRIOTTISMO COSTITUZIONALE" DI FINI

PIER PAOLO SALERI

Il concetto di Patria, anche nella sua versione più esasperata e nazionalista, fa da sempre parte del patrimonio genetico di quella destra nella quale Fini ha vissuto ed ha costruito la propria fortuna politica. Non è cosa di poco conto che, da alcuni anni a questa parte, egli abbia clamorosamente sostituito la Costituzione alla Patria quale proprio valore di riferimento fondamentale: “La coesione di un Paese trova il suo fondamento nella solidità del patto di cittadinanza e nei valori che fondano l’etica civile dei cittadini…L’educazione al patriottismo costituzionale inteso come moderno amor di Patria è uno degli strumenti privilegiati per promuovere un moderno sentimento di unità del Paese” (Fini al mensile Formiche). Il rivolgimento è tale da aver portato Giulio Tremonti – che pur ha alle proprie spalle una storia politica e culturale molto diversa da quella di Fini – a precisare: “Si parla molto di patriottismo costituzionale, ma sebbene la Costituzione sia importante, la Patria lo è di più” (Corriere della Sera, 31 dicembre 2009). In realtà che Fini abbracciasse, senza riserve, il concetto di “patriottismo costituzionale” era abbastanza prevedibile, dal momento stesso in cui ha rovesciato specularmente lo “zodiaco” dei propri valori di riferimento. Il patriottismo costituzionale è, infatti, il patriottismo di un popolo che si considera unito non più dai vincoli tradizionali e tipici della nazione, ma da principi e da regole che sono fissati in un patto costituzionale. Sostituisce, cioè, i valori fondanti della nazione che nascono dalla comunità di storia, di cultura, di fede, di sangue e di destino – “una d’arme, di lingua, d’altar, / di memorie di sangue e di cor” come scrive il Manzoni in Marzo 1821 e come musica il Verdi quando, ispirato nel suo patriottismo dalle parole del Va’ pensiero, decide di comporre il Nabucco – con principi e regole che sono, soltanto e semplicemente, statuiti in un patto: il patto costituzionale. Nascono, dunque, non da una comunanza di storia e di destino ma da un “contratto”. Il “patriottismo costituzionale è una costruzione artificiale che muove dall’alto, dalla Costituzione ai cittadini, è una scelta che s’inquadra perfettamente nella logica relativista; mentre al contrario il patriottismo nazionale sorge dal basso, dai cittadini stessi che si sentono un popolo e una nazione. La conferma che il segno del “patriottismo costituzionale” è dato dal relativismo ci viene da Gherardo Colombo, a suo tempo punta di lancia intellettuale del pool di mani pulite. Egli, in un suo recente libro Sulle Regole, illustra così l’essenza della Costituzione: “E’ la legge fondamentale, che informa tutte le altre norme emanate in uno Stato. A grandi linee ha le stesse funzioni che in passato svolgeva il diritto naturale: come allora le leggi venivano considerate giuste (o ingiuste) a seconda della loro coincidenza (o del loro contrasto) con il diritto naturale, così oggi esse sono legittimate dalla conformità alla costituzione”. In parole più semplici, la Costituzione sostituisce il diritto naturale come fonte di legittimazione delle leggi e prevale su di esso: si trasforma in “Bibbia laica” che solo le “supreme magistrature” sono legittimate ad interpretare. Non a caso, in Italia, il processo di secolarizzazione selvaggia, sta avanzando principalmente a colpi di sentenze e di ricorsi alla Corte Costituzionale. Basti pensare al caso di Eluana Englaro che vede legalizzata la soppressione di un persona umana facendola morire di fame e di sete in ossequio ad una sentenza di Tribunale; o anche alla Corte di Appello di Trento che ha rimesso alla Corte Costituzionale, “in quanto si tratta di questione rilevante e non manifestamente infondata”, il ricorso proposto da due aspiranti famiglie omosessuali che rivendicano il loro “diritto costituzionale” al matrimonio in quanto “il matrimonio civile deve essere un diritto garantito a tutti i cittadini indipendentemente dal loro orientamento sessuale” (Il Riformista, 8 agosto 2009, p. 5). Il patriottismo costituzionale, come scrive Nicolò Zanon su Magna Carta, “è una sorta di aggiornamento del relativismo kelseniano all’epoca della retorica ‘multi-cult’, è ciò che resta quando appunto si accetta la sconfitta dei valori che stanno dietro alle – e prima delle – Costituzioni positive”. Il collegamento tra il “positivismo giuridico” (relativismo) di Kelsen ed il “patriottismo costituzionale” ben evidenzia il retroterra ideologico in cui si radica la lettura della Costituzione sposata da Fini e rende ragione della sua evidente deriva laicista. Sul relativismo di Kelsen, Benedetto XVI ha scritto: “Per questi (Kelsen) la relazione tra religione e democrazia può essere solo negativa. Il cristianesimo, in particolare, insegna valori e verità assoluti e si pone con ciò esattamente agli antipodi dello ‘scetticismo obbligato’ della democrazia relativista”(L’elogio della coscienza, p.60). Sulla specifica questione dei rapporti con i cattolici, Fini fa, comunque, di tutto per mescolare le carte ed entra, ancora una volta a gamba tesa nel dibattito del mondo cattolico. “Non vuole polemizzare ‘con i cattolici’, semmai ‘con i clericali’… nessuno pensi di giocare Fini contro la Chiesa ‘anche se non ho il dono della fede ho un grande rispetto per la Chiesa’ ma la ‘guerra’ tra laici e cattolici non ha senso, non esiste e cita Elia e Scoppola”(Mario Lavia, Europa, 27 agosto 2009). Pierluigi Battista sul Corriere della sera del 27 agosto 2009 nota al riguardo: “Se vuole tratteggiare una figura di cattolico che risponde alla sua coscienza, cita provocatoriamente Leopoldo Elia e Pietro Scoppola, espressioni di un cattolicesimo democratico storicamente molto aperto alle ragioni della sinistra. Non Baget Bozzo ma Elia e Scoppola tanto per radicalizzare la portata del suo strappo ”. Una scelta effettivamente provocatoria se si riflette che l’elaborazione culturale di Elia e Scoppola offre un fondamentale supporto alla linea politica dell’alleanza, prima, e della fusione, poi, tra ex-comunisti ed ex-democristiani di sinistra; e lo fa proprio nel nome della Costituzione. E’ da qui che nascono, anche, i “cattolici adulti”: da Prodi a Rosy Bindi, sino a Franceschini. Fini, abbracciando il “patriottismo costituzionale” va a collocarsi esattamente sul loro stesso fronte. Sui rapporti tra religione, politica, Costituzione e “valori eticamente sensibili” il “cattolico adulto” Franceschini ed “il non-credente” Fini la pensano esattamente allo stesso modo: “…sulla legge per i Diritti dei conviventi. ‘Non possiamo accettare vincoli d’obbedienza alla Chiesa nell'azione politica, lo Stato è laico e la politica autonoma. La Costituzione è la nostra Nota vincolante’, scandisce Dario Franceschini”(G. Casadio, in La Repubblica,29 marzo 2007). Si tratta di un fronte trasversale che vede attestate tutte le forze che fanno della Costituzione un’ideologia e sono determinate a difendere ad oltranza gli assetti di potere e i privilegi che a tale ideologia sono connessi: dai “cattocomunismi” e/o “cattolici adulti” del Pd, ai giustizialisti di Di Pietro e Travaglio; dai residui vetero-comunisti dell’estrema sinistra sino a Zagrebelski ed all’azionismo di “Libertà e Giustizia”. Un fronte che ha i suoi punti cardine nei “poteri forti”: dal gruppo editoriale di La Repubblica, al circuito mediaticogiudiziario, alle frange militanti della magistratura. (continua)

Pier Paolo Saleri
Coordinatore del Comitato Scientifico della Fondazione Italiana Europa Popolare
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