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  DAL DIALOGO LA RISPOSTA ALL'INTEGRAZIONE

Data di pubblicazione: Mercoledì, 24 Marzo 2010

TRAGUARDI SOCIALI / n.40 Marzo / Aprile 2010 :: DAL DIALOGO LA RISPOSTA ALL'INTEGRAZIONE

FIAMMETTA SAGLIOCCA

Mondo arabo islamico e Occidente cristiano sono costretti a vivere l’uno accanto all’altro, non solo nei Paesi arabi ma anche in Occidente: come trasformare le differenze esistenti sul piano degli interessi economici, politici, culturali e religiosi in una convivenza che sia improntata alla condivisione dei problemi e alla comunanza degli interessi? E’ questa la domanda che è stata al centro del workshop internazionale promosso dal Patriarcato Latino di Gerusalemme, dal MCL e dalla Fondazione Italiana Europa Popolare in collaborazione con ASERI (Alta Scuola di Economia e Relazioni Internazionali dell’Università Cattolica di Milano), che si è tenuto ad Amman, il 25 e 26 febbraio, dedicato al tema “Quale forma di dialogo per costruire un futuro comune in Medio Oriente?”. La permanenza in Medio Oriente della nutrita delegazione del MCL, della Fondazione Italiana Europa Popolare e dell’Università Cattolica, ha preso il via con una visita alla sede dell’Università cattolica di Madaba, la cui costruzione è iniziata l’anno scorso in occasione della visita di Papa Benedetto XVI che ha posto la prima pietra della nuova struttura. L’università, che – ha spiegato il Rettore accompagnando i convegnisti in un attento giro di perlustrazione dello status dei lavori – una volta a regime accoglierà circa 8mila giovani di tutte le religioni, vuole diventare un fiore all’occhiello della regione, una risposta alle povertà che nascono dall’ignoranza e che imprigionano ancora il Medio Oriente limitandone le possibilità e il potenziale di sviluppo. Del resto è nella filosofia del MCL che il dialogo può assumere diverse forme, ma la prima rimane il sostegno concreto attraverso opere di cooperazione e di solidarietà che testimonino il rispetto e la fiducia nell’altro: lo ha ribadito Carlo Costalli, presidente del MCL, che ha sottolineato, nel corso di un cordialissimo incontro avuto a colazione presso la residenza del Patriarca Latino di Gerusalemme Mons. Fouad Twal, l’importanza che l’università che potrà assumere, diventando punto di riferimento per la vita culturale del Medio Oriente. “Incoraggiare ad attivare sempre più un ‘dialogo istituzionale’ (e su questo l’Europa deve fare molto di più) ma anche un dialogo ‘ad ogni livello’ deve essere il nostro compito di organizzazioni della società civile – ha poi sottolineato Costalli aprendo i lavori del seminario, iniziati nel primo pomeriggio di giovedì 25 –. Su questo piano è importantissimo il lavoro delle Chiese, delle Ong, delle Università, della cultura in genere, delle organizzazioni dei lavoratori”. “Dialogo che però non deve essere fine a se stesso: è uno strumento per capire ‘la verità dell’altro’, le identità, e poi anche per individuare le strade comuni che possano permettere di far crescere la comunità nella direzione della giustizia e della pace”. “A novembre si riunirà il Sinodo vaticano dei vescovi del Medio Oriente, voluto dal Papa: sarà un appuntamento importante per un’analisi franca e per programmare iniziative concrete”, ha detto ancora Costalli. “I cristiani hanno un ruolo unico e insostituibile nella regione. Una minoranza ‘fragile’ che tuttavia non scomparirà perché è una minoranza ‘coraggiosa’: una ‘minoranza creativa’ come più volte ha evocato Papa Benedetto XVI. Il Medio Oriente non è solo un problema, anzi può essere un modello per altre parti del mondo. Ma dipende anche dall’Islam: i musulmani devono capire che il mondo è cambiato, aprirsi al pluralismo e alla distinzione tra stato laico e religioni e smetterla di vivere ancora nel VII secolo!”. Il presidente MCL ha quindi sottolineato che “l’educazione è uno strumento fondamentale, ed in questo senso le scuole volute e fondate dai cristiani svolgono un compito essenziale: sono degli autentici laboratori di convivenza dove cristiani e musulmani imparano a conoscersi e a rispettarsi”. Esistono vari aspetti del Medio Oriente, ha notato Vittorio Emanuele Parsi, docente di relazioni internazionali all’Università Cattolica di Milano: “dal Medio Oriente del conflitto israelo-palestinese a quello arabo, inteso più come luogo dell’anima che non della testa, più pensato che reale, al Medio Oriente ‘goloso’ del petrolio, del gas, dell’energia. Ebbene, tutti questi ‘Medio Orienti’ devono essere oggi ricomposti per andare versoun’area riconciliata, in cui la diversità, se non arriverà addirittura a convergere, il che è un’utopia, potrà comunque vedere neutralizzata la carica di violenza che la diversità stessa comporta”. E’ un fatto assodato che sarà possibile aprire un nuovo orizzonte per il Medio Oriente solo con il dialogo: lo ha ben sottolineato il prof. Chibli Mallat, dell’Università dello Utah e di Saint-Joseph Beirut, “ma non è possibile instaurarlo con i regimi dittatoriali in quanto sarebbe solo un dialogo sterile, senza sviluppi concreti”. La questione centrale dell’integrazione fra cultura occidentale e medio orientale è stata affrontata nel dettaglio dal Patriarca latino di Gerusalemme, Mons. Fouad Twal: “Sappiamo che il musulmano ha una religione diversa. Rispettare la sua diversità è, una volta di più, rispettare la volontà di Dio. Accettare l’altro nella sua differenza di religione, di colore, d’opinione, è riconoscere la dignità di ogni essere umano e la sua libertà di fronte alla libertà di Dio”, ha detto Mons. Twal. Non c’è dubbio che “l’Europa affascina giovani musulmani del Medio Oriente per la sua ricchezza, cultura e libertà: un fascino che si mescola con una certa paura dell’incognito. I musulmani sono a milioni in Europa, come cittadini europei, rifugiati politici o emigrati e condividono lo stesso destino, soffrono gli stessi problemi economici e familiari degli europei. Sono passati, almeno in parte, dallo status di operai immigrati a quello di cittadini organizzati. Che lo vogliamo o no, siamo ‘costretti’ a vivere insieme”. Ora il punto è: “Come possiamo convertire la nostra presenza tra loro in una convivenza, vale a dire un essere non solamente accanto, né contro, ma insieme, nonostante gli interessi politici, il fanatismo religioso, dichiarato o sottaciuto, e le differenze di credo?”. Un tema, quello del dialogo interreligioso e dell’integrazione, ripreso anche dal dr. SabriRbeihat, Ministro giordano della cultura: “Il Medio Oriente è una delle più importanti regioni geografiche dal punto vista religioso: è la regione che presentò Dio al mondo. Tutte le storie delle tre grandi religioni monoteiste – ebraismo, cristianesimo e islam -nascono in quest’area. Quando dialoghiamo dobbiamo superare i dettagli affinché queste religioni possano insieme contribuire al bene dell’umanità. Dobbiamo colmare il vuoto spirituale creatosi nelle società moderne per l’assenza della religione dallo Stato. Dobbiamo avere una giusta prospettiva, trovare una dimensione comune. Le questioni che abbiamo davanti sono i diritti umani, lo sviluppo, la pace, le povertà. Trovare le risposte nella spiritualità accettando le differenze è la chiave”, ha concluso il Ministro. Dopo un’interessante analisi della situazione medio orientale, curata dal prof. Massimo Borghesi dell’Università di Perugia, è stata quindi la volta di Majdi Siryani, Direttore generale delle Scuole del Patriarcato latino di Gerusalemme, il quale ha rilevato che “l’assenza di stabilità politica e di volontà politica, come pure il contesto politico internazionale”   sono ostacoli al dialogo interreligioso. “La conversione non è nella nostra agenda: noi cerchiamo l’unità, l’affinità, la giustizia”. Dal Medio Oriente ai Balcani: Franjo Topic, presidente di Napredak, Bosnia Erzegovina, ha ricordato che Sarajevo è stata definita da Giovanni Paolo II “la Gerusalemme europea”. Per Topic “Non c’è vero dialogo se dobbiamo rinunciare ai nostri dogmi: il pericolo è il sincretismo”. Ma la questione medio orientale non si limita solo a questioni religiose, va necessariamente estesa anche agli aspetti ‘politici’: ne è un esempio l’Iran, come ha sottolineato Carlo Costalli, intervenendo a margine dei lavori: “Ci sono troppi silenzi nei confronti della rivoluzione non violenta in Iran: troppi silenzi anche da parte delle grandi democrazie occidentali”. “L’Occidente mostra decisamente troppa attenzione al nucleare e ai grandi interessi economici e troppa distrazione nei confronti della democratizzazione dell’Iran, che poi è la vera unica prospettiva per quel Paese e per tutti i Paesi arabi”. Per Costalli “La società civile occidentale deve mobilitarsi per le battaglie di libertà dei movimenti che sono nati nei vari Paesi arabi, e particolarmente in Iran, dove i giovani studenti stanno facendo, nel sangue, una grande battaglia di libertà".

Fiammetta Sagliocca
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