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  LA SCELTA RELATIVISTA DI FINI

Data di pubblicazione: Martedì, 2 Marzo 2010

TRAGUARDI SOCIALI / n.39 Gennaio / Febbraio 2010 :: LA SCELTA RELATIVISTA DI FINI

Il Presidente della Camera su posizioni sempre più laiciste.

èproprio col rifiuto dei “valori irrinunciabili”, col rimettere in discussione e negare i principi etici più elementari ed essenziali del diritto naturale, che ha preso avvio il processo di ricollocazione di Gianfranco Fini nello scenario politico italiano. Tutto è cominciato col referendum del 2005 quando, a sorpresa, e contraddicendo le posizioni tradizionali sue e del suo partito, Fini si schierò a favore della fecondazione assistita in netta rotta di collisione con la Chiesa cattolica e con la posizione assunta dall’intero centrodestra, compresa Alleanza Nazionale.
Una ricollocazione eclatante che ha portato l’ex-segretario del Movimento Sociale a trasformarsi, nel corso di pochi anni, da “estremista di destra” in icona della sinistra radicale e giustizialista, beniamino de La Repubblica e di Eugenio Scalfari che, alla vigilia della bocciatura del lodo Alfano da parte della Consulta, nel suo editoriale del 13 settembre scorso, ha scritto di lui: “Qualora un’emergenza istituzionale dovesse prodursi all’improvviso (e la sentenza della Consulta sul lodo Alfano o altre questioni di analogo rilievo potrebbero determinarla anche a breve termine) la candidatura di Fini a sostituire l’attuale premier avrebbe forti possibilità di successo. Un governo Fini poggiato anche sul sostegno dell’Udc e su una amichevole astensione del centrosinistra potrebbe essere la via d’uscita verso le riforme sempre auspicate ma mai portate in Parlamento, nonché su una normalizzazione della vita democratica dopo gli sconquassi del berlusconismo rampante”.
Spesso, chi ha avuto modo di incrociare e conoscere Fini nei lunghi anni della sua militanza missina - fin da quando venne imposto d’autorità, da Almirante, come leader di un riluttante Fronte della Gioventù che, con il voto, aveva indicato Marco Tarchi quale proprio segretario a larghissima maggioranza - lo descrive come opportunista, spregiudicato, algido, guidato soltanto dalla propria fredda passione per il potere oltre che assistito da una “singolare” benevolenza della fortuna. Tuttavia, al di là della veracità o meno di questa aspra “voce di popolo”, sarebbe comunque riduttivo ed infruttuoso cercare solo nelle caratteristiche caratteriali di Fini, in mere ragioni di opportunismo, la chiave di una svolta apparentemente così radicale.
Certo, questa scelta lo porta a configurarsi oggettivamente come sodale dei “poteri forti”, sia istituzionali che finanziari e, grazie all’egemonia culturale del pensiero relativista, ad usufruire generosamente anche della potenza di fuoco mediatica che essi controllano; pur tuttavia il tasso di opportunismo che può, o meno, governare le scelte di Fini, di fatto non influisce sostanzialmente sul loro impatto con la situazione politica italiana. Tra l’altro, un osservatore, bizzarro ma acuto, come il presidente emerito Cossiga - che spesso ama affermare, tramite il paradosso, verità anche scomode - lo ha definito “un uomo impegnato a riscoprire il pensiero antiborghese e anticattolico del suo maestro Almirante…” (Corriere della Sera, 1° settembre 2009) ed un… “radicale”: “Direi che è un radicale. Intendo dire un radicale del vecchio partito radicale.
Un laicista…..” (Il Tempo, 8 settembre 2009). Tutto ciò lascia dunque presupporre un certo tasso di convinzione ideologica nelle posizioni assunte da Fini da alcuni anni a questa parte.
La sua attuale impostazione è fondata su una netta scelta culturale in senso relativista: una scelta che comporta posizioni conseguenti e specifiche che investono alla radice la concezione stessa della vita. Il susseguirsi, da alcuni anni a questa parte, delle sue posizioni laiciste sui temi “eticamente sensibili” è davvero impressionante ed univoco. Fecondazione assistita, caso Englaro e testamento biologico, matrimonio gay sono i principali temi tramite i quali Fini ha, in primis, ridisegnato la sua posizione politica e culturale. Una posizione che lo configura, di fatto, come irriducibile ed insidioso antagonista non soltanto nei confronti di ogni impostazione che si ispiri ai valori cristiani, ma anche nei confronti di chi si richiami ad altri principi religiosi o, semplicemente, voglia laicamente richiamarsi ai principi del diritto naturale ed alla “ragione correttamente orientata”.
Non è certo un caso che anche Mario Scialoja, guida in Italia della Lega musulmana mondiale, abbia pesantemente criticato la posizione laicista di Fini: “Il Parlamento deve legiferare senza offendere i sentimenti religiosi del popolo italiano. Alcuni precetti fondamentali, come la sacralità della vita, vanno tenuti in considerazione anche da uno Stato laico” (intervista al sito Pontifex. roma del vaticanista de La Stampa, G. Galeazzi).
Per la verità Fini ha cercato in più occasioni di mascherare la virulenza ideologica delle proprie posizioni soprattutto su alcune questioni etiche come il dibattito sull’eutanasia, scatenato dal caso Englaro, ma lo ha fatto in modo arrogante ed irrispettoso per il mondo cui si rivolgeva. Emblematico di questo atteggiamento è il suo intervento alla festa dell’Udc della scorsa estate: in quella occasione ha spiegato - all’assemblea di un partito che intende, comunque, richiamarsi esplicitamente ai valori cristiani - la coerenza delle proprie richieste di modifica della legge sul testamento biologico (già approvata in Senato) con le posizioni della Chiesa cattolica, e lo ha fatto travisando il catechismo di Pio XII nella parte in cui tratta dell’accanimento terapeutico. Ma, come si dice in gergo popolare, “la toppa è risultata di gran lunga peggiore del buco”. Fini si è visto duramente contestare dal leader del Movimento per la Vita Carlo Casini, che ha ben spiegato come quel testo pontificio strumentalmente citato, non potesse in alcun modo riferirsi al caso di Eluana Englaro “che ha ispirato giustamente la legge di cui la Camera dovrà occuparsi presto”, in ragione del fatto che Eluana “è stata fatta morire per fame e per sete, stessa condanna inflitta a padre Massimiliano Kolbe” nel lager di Auschwitz.
La realtà è che Fini ha ormai, irreversibilmente, scelto di bruciare incenso da sacrificare sull’altare del “relativismo”. Questo atteggiamento traspare, a chiare lettere, soprattutto dalla sua nota di plauso alla sentenza della Consulta in occasione della parziale bocciatura della legge sulla fecondazione assistita nel marzo 2009. Il presidente della Camera dichiara infatti, tra l’altro, in quella occasione: “…quando una legge si basa su dogmi di tipo etico-religioso, è sempre suscettibile di censure di costituzionalità, in ragione della laicità delle nostre istituzioni”.
Il vecchio discepolo di Almirante imbocca così, definitivamente, una strada estremamente pericolosa: infatti, come ha affermato Benedetto XVI nel suo discorso del 1° dicembre 2005 in occasione dell’udienza concessa al Congresso del Partito popolare europeo: “Una democrazia senza valori si trasforma in tirannia del relativismo, in una perdita della propria identità e, a lungo andare, può degenerare in totalitarismo aperto o insidioso.”

Pier Paolo Saleri
Coordinatore del Comitato Scientifico
della Fondazione Italiana Europa Popolare
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