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  VERSO UN NUOVO UMANESIMO SOLIDALE E CRISTIANO

Data di pubblicazione: Sabato, 6 Marzo 2010

TRAGUARDI SOCIALI / n.39 Gennaio / Febbraio 2010 :: VERSO UN NUOVO UMANESIMO SOLIDALE E CRISTIANO

di Carlo Costalli, Presidente Movimento Cristiano Lavoratori.

Al Congresso abbiamo sottolineato alcune cose importanti a partire dal lavoro. Il lavoro resterà centrale per l’affermazione della dignità dell’uomo: dobbiamo creare le condizioni perché sia tutelato e garantito per coloro che ne sono esclusi.
E’ necessario ripensare il ruolo e la funzione delle istituzioni: di quelle pubbliche, del mercato, delle rappresentanze sociali. Non è genericamente un’esigenza di riformare le regole, ma di dare certezza e consistenza a valori condivisi perché le regole siano espressione di valori e per riportare “al centro” il lavoro come espressione del proprio talento e del sacrificio, entrambi componenti fondamentali della dignità della persona.
Abbiamo approfondito alcuni percorsi, anche con il contributo di amici/ospiti autorevoli: quanto sono distanti la centralità del lavoro e la realtà? Cosa possiamo fare per rispondere a questo quesito?
Troppe persone hanno difficoltà nell’accedere al lavoro. In alcune aree, come nel Mezzogiorno, il lavoro è scarso, almeno quello regolare.
Non solo perché sono insufficienti le risorse finanziarie, ma anche perché è debole la percezione del bene comune e manca la capacità di costruire consenso per produrre beni collettivi: legalità, rispetto per l’ambiente e per il bene pubblico, reciprocità, diritti, doveri, responsabilità sono condizioni fondamentali per costruire la crescita dell’impresa e dell’occupazione. Senza una classe dirigente che sappia mobilitare una coscienza civica intorno a questi valori non sono possibili solide prospettive di sviluppo per il nostro Mezzogiorno.
Il tasso di occupazione femminile è molto al di sotto della media europea perché la questione familiare e la conciliazione tra lavoro e famiglia rimane difficile, e lo sarà finché il tema del sostegno alle famiglie non verrà assunto come questione sociale primaria, ma semplicemente considerato una risulta di altre forme di tutela: in particolare quella del lavoro e quella previdenziale. La famiglia non è un “assemblaggio” casuale di redditi, ma il nucleo fondamentale sul quale si basa una società e come tale va considerata anche nelle politiche sociali. E’ un tema sul quale abbiamo “combattuto” (e combatteremo) in tante sedi, indicando l’esigenza di uscire dal Welfare individualista e corporativo che asseconda colpevolmente il declino demografico italiano e le storture del nostro mercato del lavoro.
Sono nodi che vanno affrontati con riforme strutturali e sono, prioritariamente, nodi culturali.
Un peso rilevante e crescente, poi, lo stanno assolvendo i flussi d’immigrazione che si riproducono purtroppo in un modo disordinato e poco qualificato: per lo più per compensare i lavori che gli italiani non vogliono più fare, il nostro declino demografico, la sostenibilità dei costi di accesso ai servizi per le famiglie.
Spesso con un lavoro nero che non possiamo, o non vogliamo, contrastare.
L’immigrazione è necessaria per la nostra economia e per la sostenibilità sociale del nostro Welfare. Ma deve essere programmata, con servizi per la domanda/offerta di lavori efficienti, con una formazione linguistica e civica adeguata e con la capacità di verificare il rispetto delle regole.
Altra cosa è (come fanno alcuni...) strumentalizzare ai fini politici il tema della cittadinanza, come se da sola risolvesse tutto.
La crisi economica si è stabilizzata per gli effetti recessivi, ma la ripresa sarà lenta e incerta. Questo pone l’esigenza di accelerare lo spazio riformatore che va inteso non solo come cambiamento di leggi e di norme, ma anche come progetti e comportamenti.
In questi mesi abbiamo insistito molto sulla necessità di fare le riforme, anche istituzionali. Chi intende esprimere una rappresentanza popolare - e noi lo vogliamo - non può puntare allo sfascio! La “missione” delle riforme è stata al centro del dibattito del nostro Congresso Nazionale.
Siamo convinti che la riconciliazione e la modernizzazione
del Paese necessitino, per l’interesse generale, di riforme urgenti, anche costituzionali. E anche di quella della giustizia, per riequilibrare il rapporto fra politica e giustizia, che va fatta però senza pressioni esterne sull’intero corpo politico: comprese quelle dell’Associazione Nazionale Magistrati.
Ma a noi stanno a cuore soprattutto altre riforme, e voglio sottolineare qui - oltre al Welfare, Scuola, Università e Formazione professionale – l’importanza della riforma Fiscale.
In questi anni tutto è cambiato. E’ cambiato il modello economico, la grande fabbrica sostituita dai distretti, dalle piccole e medie imprese e da ben otto milioni di partite Iva. Sono variati il modello tecnologico, con la rivoluzione informatica; il modello sociale, con l’inversione del rapporto fra giovani e anziani e l’arrivo di milioni di emigrati; il modello ambientale: l’ambiente non è più risorsa da consumare, ma da conservare.
Ed è variato soprattutto il modello costituzionale con l’introduzione del federalismo.
E’ dunque necessario un salto di qualità culturale: il rapporto fiscale è ormai quello fondamentale tra lo Stato e i cittadini, tra lo Stato e l’economia. E’ indispensabile allora un nuovo sistema fiscale che esprima “sfavore” per le speculazioni finanziarie e per la distruzione ambientale e che, contemporaneamente, si muova a favore della famiglie con figli, del lavoro (soprattutto quello dipendente), della ricerca, dell’ambiente: su questi temi (più che su altri…) si gioca la credibilità del Governo italiano. Va combattuto uno dei grandi mali italiani: il lavoro nero e l’evasione contributiva e fiscale.
Sono obiettivi e problemi che interrogano le rappresentanze, la loro capacità di organizzare domande e aspettative, di renderle compatibili con altri interessi, di veicolare soluzioni possibili e ragionevoli.
Un ruolo che non può essere esaurito nell’esigenza di rappresentare gli interessi ma che deve misurarsi con la capacità di esercitare la responsabilità sociale, la reciproca comprensione tra le parti, la ricerca del bene comune.
I corpi intermedi sono storicamente solidi quando operano con forti valori e motivazioni ideali e sociali e sanno mobilitare le persone anche al rispetto dei doveri verso la comunità: questo vuol essere - deve essere - il MCL, se vuole svolgere il ruolo ambizioso cui il Congresso l’ha proiettato! Mentre la rappresentanza degli interessi senza valori-guida, conduce nel vicolo cieco del radicalismo ideologico e del corporativismo (ne abbiamo visti tanti in questi anni…).
E’ una responsabilità che le classi dirigenti che si ispirano alla Dottrina Sociale della Chiesa hanno più di altre, perché il bagaglio valoriale e culturale, se adeguatamente approfondito ed aggiornato, può rappresentare una risorsa fondamentale per il futuro della nostra collettività.
E’ lo scopo dell’alleanza sociale creata con il Forum delle Associazioni di ispirazione cattolica nel mondo del lavoro, il cui compito primario è proprio quello di rimettere al centro i valori ed il senso vero dell’azione sociale delle Associazioni che hanno avuto origine nel mondo cattolico.
La recente enciclica di Benedetto XVI “Caritas in Veritate” offre un terreno di analisi fecondo ed importanti linee guida per il nostro lavoro. Ed è nostro il compito di tradurle in programmi concreti e di realizzare le condizioni politiche e sociali per affermarle, per orientarle.
Un compito che va oltre l’importanza, il peso già rilevante, del ruolo svolto dalle Associazioni aderenti al Forum. E qui sta il ruolo strategico che il MCL vuole giocare…
Molte volte, dalla stampa, il Forum viene confuso con il ritorno di tentativi rivolti a ricreare una rappresentanza politica, più unitaria, dei cattolici.
Anche quando per i cattolici c’era un partito che esplicitamente si richiamava ai valori cristiani, l’associazionismo esprimeva le esigenze di una autonomia del sociale dalla politica come valore stesso della democrazia. Un’autonomia di cui il MCL va fiero.
Il Forum nasce perché siamo consapevoli che sia necessario rigenerare insieme il significato della nostra presenza.
Certo non possiamo essere lieti della debolezza e della scarsa capacità dei politici che si dichiarano cattolici, e che sono distribuiti in più partiti, di incidere sulle scelte politiche istituzionali.
E’ un problema serio che va affrontato e non può essere compensato solo dall’autorevolezza del richiamo dei Vescovi alle tematiche della bioetica e sui principali problemi sociali che interrogano il senso del bene comune.
Alle porte ci sono intanto le elezioni regionali: manterremo la nostra autonomia. Però, come ho detto al Congresso, ‘autonomia’ non è, e non sarà, estraneità o apatia! E le competenze delle Regioni sono veramente tante, sui temi che a noi stanno a cuore, anche con riferimento alla riforma federalista.
Se individueremo convergenze programmatiche in alcune Regioni, lo diremo senza paura alcuna.
E’ compito dei laici incidere nei processi reali della politica, nel confronto democratico, consapevoli di poter contribuire seriamente all’affermazione di un nuovo umanesimo basato sulla solidarietà che, anche nella società globale, non può prescindere dalla presenza di Dio e dalle radici cristiane della nostra società.
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